In questo
periodo di pagamento delle tasse, assistiamo, da parte della Chiesa, ad una
nuova moltiplicazione dei pani e dei pesci. Infatti, mentre i contribuenti che
scelgono di dare l’otto per mille alla Chiesa sono il 34%, ad essa arriva ben
l’80% del totale dei contributi, oltre un miliardo. Chi fa questo miracolo? Una
legge truffaldina (sarebbe meglio definirla “gesuitica”) che assegna a chi
riceva più preferenze il resto di chi non sceglie niente.
Il risultato?
La Chiesa è ricca, ricchissima. Lo sanno bene le banche, che accolgono con entusiasmo
come clienti preti, vescovi, cardinali e altri prelati che portano sempre un
sacco di soldi. Sì, perché molti di loro gestiscono patrimoni immensi.
Anche quando l’Italia
era povera, la Chiesa era ricca. Lo testimoniamo le tante opere d’arte fatte
costruire nei secoli – opere d’arte che solo i ricchi potevano permettersi.
Ma come ha
fatto tanti soldi la Chiesa? Ovviamente in modo non dissimile da quello dei
tanti sfruttatori dei popoli - manipolando le masse superstiziose dei fedeli
che, pur di assicurarsi un buon posto in paradiso, lasciavano e lasciano
offerte e patrimoni alla Chiesa. Quante volte, quando c’era un ricco in fin di
vita, arrivava il prete che sussurrava al poveretto di fare sostanziose offerte
o di lasciare l’intero patrimonio alla Chiesa per il bene della sua anima?
È così che oggi
la Chiesa ha un patrimonio immobiliare e mobiliare immenso, su cui spesso non paga
tasse. D’altronde, di quel miliardo e oltre che riceve, la Chiesa, per sua stessa
ammissione, utilizza il 35% per il sostentamento del clero e il 40% per non
meglio definite “esigenze di culto”, fra cui si includono la costruzione di
nuove chiese (del tutto inutili in un paese che ha più chiese che case) e la stessa
gestione del patrimonio. Per la beneficenza vera e propria restano le briciole.
Ma tanto basta per farsi una buona pubblicità.
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