Il pensiero tradizionale ragionava spesso in termini di "assoluto" e "relativo", domandandosi se certe entità fossero l'uno o l'altro. Era un pensiero limitato, insufficiente, relegato a una visione ristretta.
In realtà, bisogna tener conto di entrambi contemporaneamente, lasciando perdere l'illusione di cercare qualcosa di assoluto.
Non esiste niente di ab-solutus, di sciolto da tutto, proprio perché tutto è interconnesso.
Trattandosi di una diade, non va scelto l'uno o l'altro estremo, ma vi è sempre una certa proporzione dei due, come nei casi già trattati di bianco/nero e di luce/buio. Non si raggiungono mai gli estremi, ma si è sempre oscillanti tra i due, in una misura variabile. Dunque, non "o...o", ma "e...e".
Se l'assoluto fosse raggiungibile, e fosse davvero ab-solutus, non potrebbe essere in rapporto con niente - e quindi fuori dal nostro campo di conoscibilità.
Se invece vogliamo parlare di assoluto, e quindi conoscerlo, dobbiamo per forza metterlo in relazione con qualcosa (se non altro con la nostra mente) e quindi non sarebbe più ab-solutus. Non possiamo uscire dal paradosso: il nostro assoluto è sempre in rapporto con il relativo.
Potremmo dire che in ogni cosa devono esistere proporzioni diverse di assoluto e relativo, proprio come succedeva con le diadi bianco/nero, luce/buio, piccolo/grande, finito/infinito, soggetto/oggetto ecc. Dove gli estremi sono teorici, ma mai raggiungibili.
I due devono stare in equilibrio dinamico, senza poter eliminare un minimo dell'altro. Il modello è ancora quello dello Yang/Yin, che infatti è raffigurato da due enti, forme e colori opposti e complementari che possono allargarsi o restringersi, ma conservano sempre almeno un po' dell'altro.
Se questo punto dell'opposto si annullasse, non ci sarebbe più la diade e l'interconnessione, e tutto sarebbe immobile e isolato. La struttura della diade permette invece la dinamica del sistema, fisico e mentale, fisico/mentale.
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