Il problema è che noi utilizziamo il polo di una diade (la mente) per capire uno schema costituito da due poli (mente e materia).
Ma c'è un vantaggio: che noi siamo già ciò che cerchiamo. Quindi non dobbiamo andare lontano. Basta che guardiamo noi stessi, esempio chiaro di che cosa è una diade: un pezzo di materia che è anche mente e che ha la possibilità di osservare se stesso.
Però sappiamo anche che la nostra visione e comprensione sono viziate dal nostro particolare punto di vista. La mente mente sempre, per principio. Non ci restituisce una visione oggettiva, perché è sempre quella di un soggetto.
Un soggetto è tale per due motivi: perché ha davanti a sé un mondo di oggetti e perché considera anche se stesso un oggetto.
Ha una doppia angolatura: vede gli altri e le altre cose come oggetti e vede se stesso come un soggetto che è capace di farsi oggetto.
Questo è il segreto della coscienza. Che ha per così dire una doppia visione.
Per forza di cose, questa doppia visione verso l'esterno e verso l'eterno crea una doppia divisione simultanea. Da una parte si divide dalle cose e dall'altra parte si divide in se stessa.
Ma il mondo è così o questa è solo una nostra interpretazione? Entrambe le cose: il mondo è certo una nostra interpretazione, ma è anche così...proprio perché è il prodotto di una visione che non può avere falsificazione.
Chi può uscire da se stesso per osservarsi così come è in realtà? E' chiaramente impossibile. Dovrei essere un alienato (che non riconoscerebbe se stesso) o l'essere di un altro mondo (che non sarebbe me).
Insomma, la diade io/altro o soggetto/oggetto già stabilisce dei confini precisi alla mia comprensione.
Accontentiamoci dunque di ciò che conosciamo, sapendo che esprime in qualche modo una visione del mondo.
E probabile che ce ne siano o siano possibili altre (forse infinite), basate su un diverso rapporto soggetto/oggetto o conoscente/conosciuto. Ma io non le conoscerò mai. Restano mondi ipotetici. Tanto vale lavorare su questa, l'unica a nostra disposizione.
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