Russia: le amnesie di Cirillo30 dicembre 2024/ 4 commenti
di: Lorenzo Prezzi
Verso la fine dell’anno, il patriarca Cirillo di Mosca incontra i preti e i monaci della grande diocesi di Mosca. Quest’anno è avvenuto il 20 dicembre. Riassume i fatti salienti dell’anno e approfondisce una questione: in questo caso, lo stile di vita del clero. Ma non meno intriganti sono i temi (volutamente) ignorati: i martiri della repressione comunista, il processo ecumenico, i preti critici della guerra.
Il lunghissimo discorso, non meno di 24 cartelle, si avvia con un richiamo ai numeri: chiese e cappelle (1.232), chiese in costruzione (119+2), chiese iniziate (41). I vescovi della diocesi, distinta in diverse suffraganee, sono 28, 1.450 sacerdoti, 407 diaconi, 36 monasteri con 1.108 monaci e 1.026 monache. Unico dato in lieve decrescita è quello dei preti (sei in meno).
Gli eventi considerati più rilevanti sono: la consegna alla Chiesa dell’icona della santissima Trinità di Rublev, la guerra all’Ucraina (il bombardamento di Belgorod, gli attacchi terroristici, l’occupazione ucraina di Kursk), il quinquennio di unificazione con la Chiesa ortodossa di tradizione russa in Europa, la persecuzione della Chiesa filo-russa in Ucraina con la liberazione del vescovo Gionata di Tulchin.
Il patriarca sottolinea con dispiacere il silenzio delle istituzioni e delle Chiese occidentali davanti alla violenza contro la Chiesa fedele a Mosca. Enumera poi con puntigliosità i documenti, le riunioni sinodali e del Consiglio e le relazioni in importanti ambienti politici e culturali. Sottolinea gli incontri con il presidente Putin e con il patriarca di Serbia, Porfirio.
Allargando lo sguardo ai suoi principali discorsi dell’anno, si possono trovare decine di interessi e di suggerimenti: dalla missione alla denatalità, dal neopaganesimo alle tensioni etniche, dalla de-culturazione alla lotta ai migranti, dagli aborti all’alcolismo, dall’atomica all’educazione patriottica, dalle virtù monastiche allo stile del clero, dalla famiglia al trans-umanesimo, dai valori tradizionali al Russkji Mir ecc. Nel caleidoscopio mancano alcuni colori: i temi già accennati. Essi rappresentano i nervi scoperti.
Silenziati i «nuovi martiri»
Il ricordo dei nuovi martiri, le migliaia di vittime della repressione comunista, sta scomparendo. In perfetto parallelismo con la nuova narrazione storica imposta da Putin.
È stata smantellata la società «Memorial», una ONG che curava la memoria delle innumerevoli vittime della repressione e che era all’origine dell’idea museale del lungo muro di marmo che in piazza Lubianka a Mosca raccoglieva i nomi degli uccisi. Chiuso il museo del Gulag che conteneva i ricordi degli scomparsi nell’imbuto onnivoro dei campi di lavoro in particolare delle isole Solovki, annullato il riconoscimento da parte del competente ufficio delle procure di 4.000 dei 14.000 uccisi ufficialmente riconosciuti, in ragione di presunte collaborazioni coi nazisti e i traditori della patria.
Una cappa di silenzio e di disattenzione anche nei confronti del poligono di tiro di Butovo, alla periferia di Mosca a cui si addebita circa un milione di morti e fra questi moltissimi credenti, preti, monaci e vescovi, ortodossi e di molte altre confessioni e religioni. Attivo fra il 1934 e il 1953, il luogo degli eccidi ha registrato nel 1937-38 oltre 21.000 vittime innocenti. In una sola notte sono scompare 400 persone. Il 28 febbraio 1938 furono fucilati 562 pretesi oppositori. L’esistenza del poligono e della sua funzione sono state rivelate nel 1992 e, in ragione di una legge sulla riabilitazione, si è cominciato a cercare i nomi e le tracce dei loro resti, distribuiti su un’area di sei ettari. È stata innalzata una grande croce in legno e aperta una chiesa. Lì hanno chiuso la propria esistenza in maniera drammatica il metropolita Seraphin Tchitchagov, il vescovo Akadi Ostalski e il prete Michel Chiok.
Tutti questi morti sono diventati scomodi in ragione della nuova guerra «patriottica». È vero che anche recentemente il sinodo ha approvato una quarantina di nuovi martiri bielorussi, ma è scomparsa ogni enfasi, si sono drasticamente ridotte le celebrazioni, dal monastero di Solovki sono scomparsi i ritratti dei «nuovi martiri». Si è inventata una nuova dicitura, la de-riabilitazione che consente l’annullamento dei precedenti riconoscimenti.
«C’è un processo di oblio e di disinformazione per rimuovere la memoria delle repressioni. L’attacco contro la legge di riabilitazione, unico testo giuridico in cui lo stato riconosceva la responsabilità del terrore politico, si iscrive nell’ideologia putiniana che tenta di minimizzare la responsabilità. Essa si deposita su un passato mistificato, preteso glorioso, che in realtà non è mai esistito» (Irina Scherbakova).
In parallelo sta crescendo di nuovo la memoria di Stalin. Nonostante che la sua immagine sia stata cancellata all’ultimo momento nella nuova chiesa dell’esercito, busti, statue e immagini del dittatore tornano a riempire piazze e istituzioni. In una indagine sociale del 2002 l’opinione positiva su Stalin era al 38%, oggi è al 60%; un giudizio negativo era condiviso dal 43%, oggi dall’8%.
«Il miglioramento dell’immagine di Stalin va di pari passo con la distorsione della comprensione delle repressioni staliniane. Sempre più è considerato come un buon dirigente che lottava contro la corruzione e proteggeva il cittadino comune» (Denis Volkov).
Ecumenismo ignorato
Significativa anche la scomparsa dell’interesse ecumenico, peraltro fortemente osteggiato dalla tradizione monastica. Negli anni precedenti Cirillo sottolineava con enfasi i suoi rapporti personali con i responsabili delle altre confessioni cristiane e difendeva la scelta ecumenica. Anche se depotenziata dallo scarso interesse per la dimensione teologica (si è interrotto il dialogo teologico con le Chiese protestanti e con la Chiesa cattolica), nondimeno vi era un interesse «strategico» per mantenere buone relazioni.
Ora, anche nel ricordo dei 95 anni dalla nascita del metropolita Nikodim, suo mentore e predecessore nel decisivo ruolo di presidente del dipartimento patriarcale per le relazioni internazionali, Cirillo evita di ricordare il ruolo importante delle relazioni ecumeniche per salvaguardare un minimo di spazio per l’attività pastorale delle Chiesa russa, «difesa» anche grazie al sostegno delle Chiese d’Occidente.
Nel discorso in sua memoria (15 ottobre) si parla semplicemente del «trucco diplomatico» di Nikodim per la nomina all’estero di vescovi poi destinati alle Chiese in Russia. Si tace del tutto della censura sulla guerra ucraina delle Chiese del Consiglio ecumenico (CEC), del voluto fallimento dell’operazione di dialogo previsto dal CEC fra le Chiese ortodosse ucraine, della confermata condanna delle Chiese europee (KEK) a Varsavia (9-11 dicembre).
Ulteriormente limitata anche la preghiera ecumenica. Un rapporto d’interesse prosegue con papa Francesco a cui Cirillo non perdonerà di averlo definito un «chierichetto di Putin». Del tutto frontale lo scontro con il patriarca Bartolomeo e con l’Ortodossia ellenica.
Censurati e dimenticati
Totale il silenzio di Cirillo sulle censure e le condanne inflitte ai circa 300 preti che, a poche settimane dall’aggressione russa all’Ucraina, hanno preso parola per invocare la pace. Sono stati tutti sottoposti a disposizioni vessatorie.
È nota la vicenda di padre Alexis Uminsky, stimatissimo prete a Mosca, espulso per non avere condiviso la censurabile preghiera per la vittoria che Cirillo ha imposto a tutte le comunità ortodosse in Russia. Così il caso del prete Joann Koval, di Cyril Hovorum, di Andrej Kuraev, di Ioann Kurmoyarov e di decine di altri, fra cui anche Giovanni Guaita (ora in Spagna).
Di loro il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha detto:
«Oggi rivolgiamo suppliche speciali a san Nicola, festeggiato anche per tutti i chierici e i laici russi che sostengono i loro fratelli ortodossi sottoposti a prove in Ucraina e che subiscono persecuzioni e imprigionamenti perché osano alzare la loro voce contro la politica inumana del presidente Putin e la predicazione anticristiana del patriarca Cirillo. Possa il loro esempio svegliare le coscienze dentro e fuori il paese» (Costantinopoli, 7 dicembre).
«A quanto pare – sottolinea Sergei Chapnin – i vertici della Chiesa ortodossa ufficiale russa si rendono chiaramente conto che la posizione contraria alla guerra è ancora molto diffusa tra il clero e hanno ritenuto che un verdetto severo (si riferisce a Joann Koval – ndr) servisse a mettere paura ai sacerdoti pacifisti. La paura rimane quindi lo strumento fondamentale utilizzato dalla Chiesa ufficiale in Russia per mantenere il clero sotto stretto controllo».
Le tre amnesie (i «nuovi martiri», l’ecumenismo e le censure ai preti obiettori) sono tutte e tre legate alla giustificazione della guerra ucraina da parte di Cirillo di Mosca e alla sua subalterna aderenza all’indirizzo imperiale di Putin. La nuova armonia con lo stato è diventata la bandiera da esibire. Lo ha fatto nella seduta congiunta fra sinodo e consiglio ecclesiale supremo il 26 dicembre Ha sottolineato: «Non commetteremo errori pericolosi e non porteremo a termine azioni che possano creare una barriera nelle relazioni fra Chiesa e società e stato […]. Il livello di interazione fra Chiesa e stato credo non abbia precedenti in tutta la storia della Russia». Come mi diceva un amico che è stato alcuni mesi in Russia: «Ci sono due cose di cui non si può parlare criticamente: Putin e la guerra». E Cirillo ha subito cavalcato la nuova onda del Cremlino.
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