In meditazione è fondamentale non reagire meccanicamente, secondo
schemi convenzionali. Questo non significa non essere spontanei, ma non cedere
al condizionamento sociale e naturale, che vuole che a determinati eventi
seguano sempre determinate reazioni. Occorre interporre, tra stimolo e
risposta, un intervallo di riconoscimento. Il riconoscimento deve rispondere velocemente
alla domanda: "Che cos'è questo?" Ossia che cos'è ciò che provo e
qual è la reazione che mi viene sollecitata in automatico?" Subito dopo
sorge la seconda domanda: "È giusta la reazione che mi viene sollecitata?
Mi fa bene? È conveniente? Mi migliora o mi peggiora? È qualcosa di nuovo o è
la solita reazione?"
Perché non dobbiamo dimenticarci che le reazioni che ci vengono
sollecitate sono talora vecchie di migliaia di anni risalendo addirittura a
quando eravamo scimmie nella foresta oppure sono semplici condizionamenti
sociali. E noi che cosa vogliamo essere? Delle marionette guidate da forze
ancestrali o persone nuove, padrone di se stesse? Ecco il punto: le reazioni
istintive non sono affatto "nostre": non partono da noi stessi, ma da
una "centrale" che non è nelle nostre mani.
Quando rispondiamo a una sollecitazione con uno scatto d'ira o con
una reazione di paura, siamo semplicemente marionette in balia di una forza che
ci sovrasta, di una forza che persegue i suoi obiettivi - che non è detto siano
i nostri. Questa uscita dalle consuete reazioni di causa-effetto è indispensabile
per liberarsi dai condizionamenti collettivi della natura o della società,
diventando finalmente padroni di noi stessi. È l'acquisizione di una
individualità che paradossalmente ci porta ad essere più distaccati dal nostro
ego e saggi.
Scopo della meditazione è creare un uomo nuovo, non ripetere schemi
di comportamento, ormai superati.
Dunque, bisogna osservarsi nella vita quotidiana. E intervenire.
La meta è essere più consapevoli, più distaccati, più imparziali, più calmi,
più equanimi. Uomini nuovi, appunto.
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