Non so se avete notato che, nei dibattiti televisivi o nelle
conversazioni private, tutti sentono talmente il bisogno di parlare e di
esprimersi che non ascoltano veramente l'altro. Sono impazienti di dire la
loro, e magari interrompono. Non ascoltano, non vogliono ascoltare.
Sì, perché ascoltare è difficile. Bisogna innanzitutto voler
capire l'altro, e, per farlo, è necessario mettere da parte il proprio ego. Invece,
per quasi tutti, è più importante aver ragione che ascoltare.
Raramente ascoltiamo, perché non riusciamo a mettere da parte il
nostro io. Mentre l'altro parla, dovremmo lasciar perdere i nostri ragionamenti
e le nostre opinioni. E invece continuiamo a macinare dentro di noi le
obiezioni e le risposte. È una specie di gara a chi ha la meglio, a chi è
superiore. A questo giunge la nostra competitività. Siamo sempre in lotta
contro il prossimo.
Certo, dovremmo essere così obiettivi e così generosi da avere un
autentico interesse per l'altro.
La meditazione insegna anche questo: a renderci conto del nostro
atteggiamento e a cercare di uscire dal nostro piccolo mondo egoico per dare
spazio agli altri. Senza contare che, per noi, il primo “altro” siamo noi
stessi.
Infatti una seconda metafora del processo di meditazione – dopo la
visione - è proprio l’ascolto. Qual è l’oggetto di questo “ascolto”? Non il
mondo esterno, non il mondo interiore, ma la zona intermedia tra i due, dove il
soggetto si fonde con l’oggetto.
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