Quando nelle
scuole o altrove si fa l’appello, noi rispondiamo: “Presente!”. Il che vuol
dire che siamo lì in quel momento e che siamo attenti a ciò che ci viene detto.
Però in meditazione essere presenti significa non solo essere lì in quel
momento, ma anche mantenersi consapevoli di esserlo. In pratica colui che
medita si impegna ad essere sveglio, attento e consapevole di essere lì in quel
momento.
Sembra facile,
ma non lo è. Se prestate attenzione, vi accorgerete che dopo un po’ la vostra
mente comincerà a vagare in varie attività: ricordare, fantasticare, pensare a
tante cose, ascoltare, guardare, eccetera eccetera. Insomma la vostra mente
sarà altrove. Il che significa che la meditazione è fallita.
Il problema è
che la nostra capacità di attenzione è molto limitata. Pochi secondi e passiamo
ad altro, soprattutto se rimaniamo fermi senza fare nulla. Ma la sfida è
proprio questa: cercare di mantenersi presenti mentalmente al fatto di essere
lì in quel momento e di essere consapevoli.
Di solito si
usa qualche oggetto di meditazione, un mantra o il respiro proprio per avere
qualcosa su cui indirizzare l’attenzione. Ma alla fine il nostro compito e
rimanere presenti senza oggetti di appoggio, senza nessun altro programma o
scopo. Dobbiamo stare attenti al solo essere, al semplice fatto di essere lì in
quel momento.
Questo addestramento
mentale è utilissimo, sia a livello spirituale, perché la realtà prima è questa presenza, sia a livello pratico, perché
porteremo nella nostra esistenza una qualità di attenzione che ci farà uscire
dal nostro solito esistere in maniera assonnata, casuale, dispersiva e di
disattenta.
Se abbiamo
sonno, dormiamo pure. Ma quando dobbiamo essere presenti, svegliamoci del
tutto. Non a caso l’illuminazione si chiama anche “risveglio”.
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