domenica 30 giugno 2019

Fede e delirio mistico


Leggo un articolo (di Giada Costantini) in cui si dice che è difficile distinguere fra delirio mistico e una profonda fede religiosa in chi sostiene di avere un rapporto personale e intimo con la divinità.
In effetti, in certi casi, è impossibile, nel senso che i due coincidono. Quanti mistici erano certamente degli psicotici che cercavano di supplire a mancanze psicologiche e si immaginavano un modello astratto di divinità come oggetto di attaccamento! Perdendo il rapporto con la realtà, cercavano nel delirio di costruire qualcosa che lo sostituisse. Ma la figura di Dio è proprio questo: il padre che non si è avuto, l’amore che non si è avuto, il potere che non si è avuto, il punto di riferimento ci è mancato…
Il delirio mistico viene descritto come un disturbo dell’attenzione e della consapevolezza, associato ad almeno un altro sintomo di deficit cognitivo (memoria, linguaggio, ecc.).
Un criterio empirico di distinzione sarebbe il grado di sofferenza e di integrazione del soggetto. In altri termini, dobbiamo domandarci quanto quei sintomi siano utili al benessere dell’individuo. Il delirio nasce da una distorsione del rapporto con la realtà, da una fallimento, da una fuga oppure è qualcosa che dà un senso alla sua vita e alla sua capacità di relazionarsi?
In alcuni casi è difficile rispondere. Si capisce benissimo che la fede in certe persone è qualcosa di distorto, fondato sull’ignoranza, sull’odio, sulla paura, sul disperato bisogno di avere un’identità, un protettore o un vendicatore e non serve minimamente a relazionarsi meglio con gli altri. La fede può portare non alla pace, alla comprensione dei diversi da sé e all’amore, ma alla guerra e alla divisione.
Ma io aggiungerei un altro criterio: l’interiorità o meno di questa fede. Il vero credente non va in giro esibendo crocefissi e rosari, e non vuol convertire nessuno, ma “cova” dentro di sé il sentimento che ha evocato.


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