domenica 13 dicembre 2015

Samadhi e vipassana

Samadhi e vipassana sono le due fasi della meditazione. Samadhi è il conseguimento della quiete e della pace, il sollievo e la liberazione che si ottengono quando ci si concentra sul corpo e sulla mente e li si tranquillizzano. Allora si ottengono la calma e una grande chiarezza mentale.
Ma questi stati non possono essere permanenti perché nella vita tutto cambia di continuo. È dunque necessario approfondire la nostra visione per capire il funzionamento delle cose; ed eccoci nella pratica vipassana che comprende innanzitutto l’impermanenza di tutti gli stati, mentali e fattuali.
Capire l’impermanenza o vacuità significa per esempio lasciare andare le immagini che ci facciamo delle cose e di noi stessi. Le cose esistono, ma non sono quelle che noi immaginiamo: si tratta di pensieri, di pregiudizi, di etichette, di sensazioni. Il nostro stesso io è una di queste immagini, accompagnate da sensazioni positive (mi piace), negative (non mi piace) o neutre (mi annoia).
La nostra vita consiste per lo più nel cercare le cose piacevoli e nell’evitare quelle spiacevoli. E, subito, ci attacchiamo alle cose che ci appaiono piacevoli e in noi nascono desideri e identificazioni.
Riuscire a vedere le cose in questo modo significa osservare tutto con equanimità, imparzialità e distacco, e non attaccarsi a nulla ritenendolo io e mio. Se non ci attacchiamo e guardiamo tutto con consapevolezza, otteniamo la saggezza, quella capacità di visione e quella forza che ci proteggono dalle illusioni, dagli errori e dalle delusioni.
Dobbiamo anche vedere quanto nella nostra meditazione è in realtà al servizio dell’io, in funzione della sua gratificazione e del suo potenziamento. Non è questo che dobbiamo cercare. Più fortifichiamo il nostro ego, più innalziamo muri che ci isolano e non ci fanno comprendere.
Insomma, dalla semplice quiete alla visione profonda il percorso è lungo, ma è l’unico che possa farci capire tante cose.


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