Anche se sembra incredibile,
non c’è una differenza sostanziale tra sogno notturno e la vita diurna. Si
tratta sempre di “realtà” prive di consistenza, di proiezioni della mente, di
sogni. La differenza riguarda la durata, l’organizzazione e il senso dell’io.
Nel sogno notturno, l’io è
sempre più labile e può facilmente trasformarsi, sdoppiarsi e compiere imprese
prodigiose.
Se fossimo consapevoli di
sognare, se ci ricordassimo di star
sognando, potremmo eliminare la paura e dirigere il sogno. Ma anche qui la
convinzione di essere un io e di dover seguire certe regole ci impedisce troppe
evoluzioni.
Nel sogno diurno, la
convinzione è ancora più radicata, al punto da confinarci in quelli che
crediamo input sensoriali. È questa convinzione che rende apparentemente solida
la nostra realtà. Dalla solidità della convinzione dipende la solidità di ciò
che sogniamo.
Ma se ci risvegliassimo e ci ricordassimo che anche questo è un
sogno, potremmo compiere azioni prodigiose, che oggi ci sembrano impossibili. È
solo una questione di consapevolezza.
D’altronde, l’addormentarsi,
il sognare e il risvegliarsi sono i corrispondenti del morire, dell’attraversare
uno stato intermedio (tra la vita e la morte) e del rinascere. Tutte le notti
non facciamo che ripetere questo ciclo vitale: moriamo, “viviamo” in qualche modo e
rinasciamo. È tutto un ciclo continuo che si ripeterà finché non ci renderemo
conto che è un sogno e ci risveglieremo da tutti i tipi di sogno.
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