Se pensate compulsivamente,
se rimuginate continuamente, è possibile che siate sotto stress. La parola stress
sta a indicare proprio uno stato eccessivo di tensione, qualcosa che si tende
troppo rischiando di spezzarsi.
Se è vero che vivere
comporta sempre una certa dose di stress, è anche vero che quando la tensione è
eccessiva, quando il cervello non si riposa mai, si produce una forma di
sofferenza della mente, che tende a vedere tutto nero, e del corpo, che mostra
disturbi (spossatezza, insonnia, nervosismo, depressione, ecc.) e malattie vere
e proprie.
Ecco allora la meditazione
come forma di distensione. Prendiamoci qualche minuto per osservare questo
stato di cose. Facciamo due o tre respiri profondi e poi seguiamo la
respirazione (senza forzarla) finché non incomincia a calmarsi e a distendersi.
Quindi, seduti, in piedi o sdraiati, facciamo convergere l’attenzione sul
pensiero, fino al punto di cambiare il nostro focus.
L’attenzione infatti non è
un pensiero e può essere indirizzata su oggetti diversi.
Con questo spostamento del
focus dell’attenzione, ci poniamo in un diverso punto di osservazione: anziché
essere “dentro” i pensieri, li osserviamo dall’esterno, e in questo modo inseriamo
un cuneo e apriamo uno spazio di libertà, per mezzo del quale usciamo dalla mente
compulsiva.
Se riusciamo a rimanere in
questa “posizione” di osservazione e di distacco, a poco a poco la pentola
della mente smetterà di bollire e potrà raffreddarsi. Questo raffreddamento
della febbre mentale corrisponde ad una distensione psico-fisica, ad uno stato
di calma (shamatha) che è la base di
partenza di ogni altra “liberazione” e comprensione.
Un simile stato di calma è detto “concentrazione
d’accesso” ed è legato ad un senso di benessere che, se viene stabilizzato, conduce ad un primo livello di samadhi,
ossia ad una condizione di quiete che porta fuori dallo stress-sofferenza e
permette di procedere oltre.
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