Fateci caso: la gioia viene
sempre dalla liberazione da qualcosa – da qualcosa che ci restringe, ci limita
e ci opprime. Anche in campo spirituale.
E la sofferenza viene sempre
dall’essere costretti, prigionieri, obbligati, schiavi.
Chi è più felice dell’uomo
che esce da una prigione?
Ora, il corpo, la mente e il
senso dell’io ci permettono di esistere per qualche decennio, ma, nello stesso
tempo, ci confinano in limiti ben precisi. Non possiamo essere altro, non
possiamo davvero scegliere chi essere. Siamo in prigione.
Eppure abbiamo paura che
tutto questo finisca, proprio come il prigioniero che teme il mondo libero, il
mondo che sta al di là delle mura che lo chiudono.
Ma che cosa rimane? ci domandiamo
angosciati.
Che cosa dovrebbe rimanere?
Una identità sola, un nucleo solido di senso dell’io?
Non era proprio questo il
peso, l’origine di ogni sofferenza?
Comunque vada, saremo liberi…
se non ci saremo troppo attaccati a questa provvisoria identità.
Nessun commento:
Posta un commento