martedì 15 dicembre 2015

La saggezza dell'attenzione

Ciò che contraddistingue il buddhismo è che non nega mai la realtà, non cerca vie di fuga consolatorie.
Non so se avete presente quei film americani dove, in situazioni tragiche, c’è sempre qualcuno che dice: “Va tutto bene, va tutto bene…”.
Non va bene affatto! Se le cose ci vanno male, ci vanno male; se soffriamo, soffriamo: è inutile e controproducente negare i dati di fatto. Meglio riconoscere le cose così come stanno.
Invece, la mentalità comune, la mentalità “vincente”, il pensiero positivo, vuol nascondere la realtà negativa. Anche le religioni fanno lo stesso: Dio ci ama, Dio è solo bontà, siamo stati salvati, la sofferenza ci redime, i bambini morti diventano angeli e la morte… non esiste; andremo tutti in paradiso!
Ma questi bei discorsi non cambiano il fatto che magari soffriamo, che abbiamo fame, che siamo malati, che non abbiamo lavoro, che non abbiamo soldi, che siamo soli, che nessuno ci aiuta e che la violenza, le ingiustizie, le disuguaglianze e la corruzione dominano sovrane.
C’è un Dio che possa cambiare queste cose? In teoria dovrebbe essere onnipotente, ma chissà perché, per noi, non fa mai nulla. E, allora, non serve.
Solo noi possiamo fare qualcosa. Prima di tutto, riconoscendo la realtà e poi cercando di attutire i colpi peggiori del destino senza farcene distruggere.
Come succede nel trattamento psicoanalitico, il processo di riconoscimento fa parte del processo di superamento del disagio. Chi fugge o nega non arriva a nessuna guarigione.
Se soffriamo, dobbiamo riconoscerlo e sperimentare la difficoltà fino in fondo… fino a che possiamo a stare con la sofferenza senza esserne schiacciati. Possiamo addestrarci a guardare in faccia la realtà, anche se è terribile. Questo atteggiamento fa parte del processo di trasformazione-guarigione.
A dirla tutta, la stessa cosa dovrebbe essere fatta anche con le esperienze piacevoli: viverle fino in fondo, ma non attaccarci. Infatti, anche l’attaccamento fa parte di un tentativo di negazione… negare che si tratta di esperienze transitorie che presto lasceranno il posto a situazioni contrarie o alla noia.
La saggezza dell’attenzione consapevole non nega nulla e non si attacca a nulla, né nel cosiddetto bene né nel cosiddetto male. È consapevole di tutto ciò che ci capita, ma riesce a creare una distanza che ci permette di non farci coinvolgere né di farci travolgere.


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