La prima evidenza è che nessuna cosa è separata e separabile dalle
altre.
La seconda evidenza è che nessuna cosa è permanente.
La terza evidenza è che nessuna cosa è sempre uguale a se stessa, fissa,
costante, immutabile. Perché tutto è soggetto ad un continuo mutamento.
Questi tre aspetti sono correlati.
L’interdipendenza, l’impermanenza (o la permanenza temporanea) e la
mutevolezza che sembrano a prima vista dei limiti, sono in realtà ciò che
permette la trasformazione, l’evoluzione. Se fossimo esseri isolati, permanenti
e immutabili non potremmo crescere.
Anche se devo ammettere che sono sempre me stesso, devo anche
riconoscere che sono cambiato, nel bene e nel male. A cinquant’anni sono
diverso da quello che ero a cinque. Sono cresciuto. E niente e nessuno può
bloccare questa crescita, così come niente e nessuno può fermare il tempo.
Nessuno può rimanere a lungo se stesso. Dunque, il sé che noi
consideriamo il nostro bene più prezioso, non è un nucleo immutabile, ma un
cuore in continua trasformazione. E per far questo deve contenere parecchio vuoto.
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