Che cosa è pubblico e che
cosa è privato? Lo stabilisce la legge, l’ordinamento giuridico. Se l’amore, per
esempio, è un fatto privato, perché la legge se ne occupa? E perché il
matrimonio diventa un vero e proprio contratto, con tanto di testimoni?
In realtà è la legge che
strappa ai soggetti il privato e lo trasforma in pubblico.
Ma i soggetti, a loro volta,
da che cosa sono istituiti?
Ciò che io decido è un atto
della mia soggettività o è un’espressione calcolata a priori dal sistema? Non è
che mi riconosco soggetto proprio perché sono un soggetto giuridico?
Se è così e gli individui
scelgono all’interno di quanto è anticipatamente predisposto dalla legge, non
sono veri soggetti, ma semplici attori, maschere, funzioni, “per-sone”.
In effetti, il sistema
giuridico, economico e tecnico lascia ben poco spazio all’individuo. Se in
campo giuridico esiste ancora una distinzione tra pubblico e privato, nel
sistema economico e tecnico ogni atto privato è deciso e dominato da un calcolo
economico-tecnico che lo trasforma in un atto pubblico del tutto al di fuori
del controllo individuale.
Quale individuo può mettersi
fuori del sistema capitalistico?
Oggi siamo tutti sottomessi
alle leggi economiche, così come un tempo lo eravamo a quelle di Dio. Anzi, i
due tipi di legislazione, a ben vedere, rispondono ad un unico principio:
quello del dare e dell’avere.
Ecco perché la religione è
sua volta una categoria economica. Fare del bene è considerato un investimento
produttivo, cui verranno corrisposti nell’aldilà gli interessi. Nella mentalità
comune, c’è una specie di conto corrente, di partita doppia a livello cosmico.
Molte parabole evangeliche
seguono proprio questa logica, tanto che Dio è paragonato ad un amministratore
e perfino ad un banchiere che chiede conto degli investimenti fatti.
In questo quadro, non ci si
meraviglia che ci sia un commercio di tutto, anche delle indulgenze.
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