Questa parola inglese
significa letteralmente “pienezza (fullness)
della mente (mind)” e sta a indicare
la meditazione di consapevolezza.
Nella meditazione di
consapevolezza cerchiamo di vedere con più chiarezza ciò che avviene dentro di
noi. Il suo scopo è capire la differenza tra l’essere comandato e trascinato
dai pensieri (e dagli altri moti mentali) e l’essere colui che osserva i pensieri.
Ciò che affiora non sono soltanto pensieri, ma anche stati d’animo, alcuni
semplicemente negati perché dolorosi. Noi però non dobbiamo cercare di
respingere ciò che è spiacevole: dobbiamo osservare tutto, imparzialmente, con
distacco.
Questo distacco ci rende più
consapevoli. La mente infatti ha una natura autoriflessiva e permette di
trovare un centro non toccato dagli eventi mentali che affiorano di continuo,
alcuni dall’inconscio.
Dobbiamo osservare tutto con
obiettività e prenderne nota. Non dobbiamo invece tentare di sopprimere o di reagire.
Da una parte si pone l’ego con le sue attività e dall’altra il testimone che lo
osserva.
Questo esercizio allevia lo
stress e sviluppa le aree della mente associate all’autocoscienza. Se viene
applicato ai nostri problemi personali, diventa una forma di autoconoscenza e
di autoterapia; e se viene applicato ai problemi più filosofici (esiste o non
esiste un Dio, esiste o non esiste un’anima, esiste un aldilà, che cosa
significa vivere, ecc.) permette di uscire dalle risposte stereotipate e
sostanzialmente fasulle delle religioni.
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