Per i greci (per esempio per
Omero) è il dolore che crea la follia, la perdita di saggezza e quindi la
colpa. Per i cristiani è la colpa che genera la sofferenza. Ma la sofferenza
esiste indipendentemente da qualsiasi
colpa personale. Lo stesso Buddha, che pure credeva nel karma, afferma che solo un evento doloroso su otto è
provocato dal karma: tutti gli altri, la maggioranza, sono dovuti a incidenti o
al caso.
In realtà la sofferenza è
una caratteristica della natura. Basti considerare che la vita si basa sulla
morte e che il meccanismo del nutrimento, per cui ogni organismo sopravvive
uccidendone altri, è di un’immensa crudeltà e ferocia.
Questo è il Dio da cui
veniamo - non un’anima bella, non un’anima delicata.
Quindi, più che cercare di
evitare la sofferenza, dobbiamo addestrarsi a fronteggiarla senza farcene
distruggere.
Il mondo si regge su due
gambe: il bene e il male, la felicità e l’infelicità, il dolore e la gioia, la
vita e la morte. Non si può reggere su un’unica gamba.
La forza sta nel riuscire a “guardare
in faccia” la sofferenza. Una forma di contemplazione.
Dobbiamo saper guardare ogni
cosa, nel bene e nel male. Non distogliere lo sguardo da ciò che è sgradevole o
traumatico. Nell’India antica, gli asceti andavano a meditare nei carnai.
Nella Divina Commedia, Dante procede prima per la contemplazione delle
torture infernali. Ma non c’è bisogno per scoprire il volto impietoso della
sofferenza di compiere un viaggio ultraterreno. L’inferno è anche qui sulla Terra.
Basta andare in un ospedale, in un pronto soccorso, in un ospizio per anziani o
in una zona di guerra. Stupri, violenze, ferite, massacri, epidemie, terremoti,
cicloni, malattie incurabili…
La tradizione giudaico
cristiana sbaglia gravemente quando afferma che la morte e il male non appartengono
alla natura, al naturale decadimento delle cose, ma alla violazione della legge
divina. Questa è pura utopia: un sogno della mente che vorrebbe cancellare gli
aspetti negativi della vita, e attribuirli allo stesso uomo. In realtà la
sofferenza viene proprio dalla volontà che ha istituito il mondo.
Ed è sbagliato proteggere i
giovani dalla vista di queste realtà sgradevoli: la vita è traumatica e non c’è
modo di difendersene. Chi chiude gli occhi, subirà soltanto un trauma ancora
più devastante.
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