giovedì 26 marzo 2015

Lo sguardo contemplativo

I miti aiutano a capire, ma quanto nascondono? Per esempio il mito di Gesù o dell’America non è ciò che impedisce di capire Gesù o l’America?
Per i greci, la Via Lattea era il latte di Era che allattava Ercole; per gli egizi, era un campo di grano seminato dalla dea Iside; per i navajo americani era una donna che al mattino donava il pasto preparato per gli dei; e per i boscimani era il fumo di un fuoco acceso da una fanciulla che cercava di indicare la strada al suo uomo disperso nella notte.
Ogni mito dà una sua interpretazione, che spiega qualcosa nascondendone un’altra. La scelta del mito dipende dalle proprie preferenze, rientrando nel discorso che si vuole svolgere.
Così il mito di Dio. Tutto dipende da ciò che si vuol di-mostrare.
Ma questo significa che è la qualità dello sguardo ciò che ci permette di “vedere” in un certo modo. L’interpretazione dipende dalla qualità di questo sguardo. È da come guardiamo che vediamo.
Il vedere non è qualcosa di oggettivo, ma dipende dallo sguardo e dagli interessi che nutriamo. Da come impostiamo lo sguardo, vediamo cose diverse, perché è lo sguardo che interroga le cose e provoca un’interpretazione. L’interpretazione, la comprensione, la spiegazione, è già nello sguardo che domanda.
Guardare non è dunque mai neutro o ingenuo. Il tipo di sguardo produce il tipo di comprensione. La motivazione iniziale determina la risposta.

Ecco perché lo sguardo contemplativo, con la sua volontà più o meno conscia di essere obiettivo, imparziale e distaccato, è capace di donare serenità – quella serenità che fin dall’inizio vi aveva messo dentro.

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