I miti aiutano a capire, ma
quanto nascondono? Per esempio il mito di Gesù o dell’America non è ciò che
impedisce di capire Gesù o l’America?
Per i greci, la Via Lattea
era il latte di Era che allattava Ercole; per gli egizi, era un campo di grano
seminato dalla dea Iside; per i navajo americani era una donna che al mattino
donava il pasto preparato per gli dei; e per i boscimani era il fumo di un
fuoco acceso da una fanciulla che cercava di indicare la strada al suo uomo
disperso nella notte.
Ogni mito dà una sua
interpretazione, che spiega qualcosa nascondendone un’altra. La scelta del mito
dipende dalle proprie preferenze, rientrando nel discorso che si vuole
svolgere.
Così il mito di Dio. Tutto
dipende da ciò che si vuol di-mostrare.
Ma questo significa che è la
qualità dello sguardo ciò che ci permette di “vedere” in un certo modo. L’interpretazione
dipende dalla qualità di questo sguardo. È da come guardiamo che vediamo.
Il vedere non è qualcosa di
oggettivo, ma dipende dallo sguardo e dagli interessi che nutriamo. Da come
impostiamo lo sguardo, vediamo cose diverse, perché è lo sguardo che interroga
le cose e provoca un’interpretazione. L’interpretazione, la comprensione, la spiegazione,
è già nello sguardo che domanda.
Guardare non è dunque mai
neutro o ingenuo. Il tipo di sguardo produce il tipo di comprensione. La
motivazione iniziale determina la risposta.
Ecco perché lo sguardo contemplativo,
con la sua volontà più o meno conscia di essere obiettivo, imparziale e
distaccato, è capace di donare serenità – quella serenità che fin dall’inizio
vi aveva messo dentro.
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