sabato 5 ottobre 2024

Riflessione e meditazione

 

Il dualismo dei principi salta sempre fuori perché ce l’abbiamo nel cervello, nella mente e nella realtà. Potreste capire da quale emisfero e zona zona del cervello viene un certo pensiero o un certo sentimento? Non credo proprio. Nessuno ci riesce.

Ci sono le tecniche di imaging, come ho già spiegato, che a volte riescono a vedere quale punto del cervello si attiva, ma, data la complessità delle reti neurali, è difficile trovare la corrispondenza esatta tra un’operazione mentale e un’operazione cerebrale. Si dice: l’area del linguaggio è quella, ma poi non si trova il punto preciso di un solo concetto o di una parola. Del resto, sapreste spiegare in quale punto del computer si trova esattamente  una parola che scrivete con un programma di scrittura? E, se è difficile per il computer che abbiamo costruito noi, figuriamoci per quella macchina prodigiosa del cervello che non abbiamo costruito noi.

Ma forse, in parte, lo abbiamo costruito imparando, conoscendolo, usandolo. Certo, i primi ominidi non avranno avuto un cervello come il nostro. E quindi neanche la mente.

Perché, per quanto casuale possa essere la nascita del cervello, poi è stata l’uso della mente a modificarlo nel corso dei millenni. Dall’invenzione delle selci alla costruzione della ruota, dalle tecniche agricole a quelle meccaniche, dalla scienza al pensiero filosofico, il nostro cervello si è evoluto. E con esso la nostra mente.

La prima mente nasce dalle sensazioni, ma poi la mente è stata capace di svilupparsi. Con che cosa? Con l’uso. È come imparare una lingua o un’arte; si inizia dal poco, dal limitato e dai tentativi maldestri, ma poi, se si hanno le doti, riusciamo, provano e riprovando, sbagliando e imparando, ci si perfeziona. E, a poco a poco, ci si illumina e si amplia mente.

E la cosa non è finita: va avanti.

Ma è necessario usare la mente, pensare, riflettere, apprendere, incamerare e incrociare dati . La mente si dilata e con essa anche il cervello, e viceversa. Tra il contadino analfabeta e il professore universitario c’è una differenza di uso e di apprendimento della mente.

Questa è la via che si è sempre seguita nell’evoluzione. E il vertice di questo uso-apprendimento si verifica quando la mente osserva se stessa. Non parlo solo delle neuroscienze, ma anche della riflessione filosofico-psicologica e della meditazione.

La meditazione, come osservazione di sé, non è solo una stramberia orientale, ma un’importante fattore di evoluzione. Uomini come i saggi vedici e upanishadici, i saggi taoisti, i saggi buddhisti, ecc., hanno fatto scoperte eccezionali e messo a punto tecniche e idee sofisticate. Le osservazioni dei taoisti hanno molto in comune con la fisica moderna. Gli studi del Buddha sul funzionamento della mente sono scoperte “scientifiche”, cui le nostre religioni non si sono mai dedicate.

E lo stesso può dirsi in tempi moderni delle scoperte di uomini come Freud e Jung.

Ma, con il termine “meditazione”, si possono indicare due vie: l’una è quella dell’autoriflessione e l’altra è quella della consapevolezza.

La consapevolezza non è tanto un pensare quanto un essere coscienti dell’essere coscienti. Se ci sforziamo di essere coscienti del nostro essere coscienti, il nostro essere consapevoli si dilata. Quindi è un modo diretto (non più indiretto) per sviluppare la coscienza.

Qualche volta, lasciare la mente “vuota di pensieri e intenzioni”, è un mezzo per uscire dal linguaggio convenzionale, trovare un equilibrio dentro di sé e farsi venire nuove idee, vere e proprie illuminazioni. Provate.

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