mercoledì 30 ottobre 2024

Meditazione e l' inganno della mente

 



 «Cosa ci insegna il dolore nella meditazione»


di Selene Calloni Williams



Quando dico ai miei allievi che la meditazione è innanzitutto immobilità e che non c’è libertà senza immobilità fanno espressioni strane, un po’ stupite e, a volte, persino un po’ inorridite: l’immobilità prolungata fa paura. Perché devo tenere la posizione se diviene scomoda, fonte di disagio? La meditazione è la via che ci insegna ad utilizzare disagi, disturbi, problemi, persino le malattie e la morte come strumenti per proseguire lungo il sentiero che conduce alla libertà.



Su questo cammino la paura è l’ostacolo. «Quando non resisti più nella posizione, perché ti dà fastidio la schiena o ti si addormentano le gambe, chi non ce la fa più è la mente, non il corpo!» dico ai miei allievi. Ma la mente produce quel fenomeno che i buddhisti definiscono “chitta maya”, “inganno della coscienza”, per cui ci sembra di subire, nell’immobilità prolungata, dolori, disagi e disturbi che provengono dal corpo.


In verità, quella particolare sensazione alla schiena o al ginocchio o alla caviglia che si sperimenta dopo un po’ che si è immobile è l’energia presente nel corpo ad un grado di intensità più elevato, giacché non viene consumata dal movimento. Il dolore non ha lo scopo di farci soffrire. In condizioni di pericolo lancia l’allarme alla coscienza e in condizioni protette – come quelle del setting meditativo – può aiutarci a superare paure, attaccamenti, limiti imposti dalla nostra stessa mente analitica.



Come? Quando una sensazione subentra nel corpo in meditazione è necessario portare l’attenzione a quella sensazione, dirigendo la coscienza lungo un sentiero di consapevolezza: «So che sto provando una sensazione». Chiaramente la sensazione aumenta di intensità. È necessario, allora, astenersi da qualsiasi analisi o giudizio mentale, evitare, cioè, di dare una narrazione mentale al dolore, rinunciare ad attribuirgli un perché e un esito.




Bisogna rimanere nel puro ascolto della sensazione. Allora la sensazione raggiunge un apice nel quale la mente razionale non può più esistere, l’energia, cioè, diviene così intensa – al di là del bene e del male – da creare una crepa nella mente discriminante e la coscienza viene messa a contatto con l’infinito, con tutto ciò che è oltre la mente razionale e che possiamo anche chiamare l’universo o il divino.



Se anche questo stato dura una frazione di secondo e poi la mente riprende il controllo e ci spinge a muoverci per eliminare la sensazione che essa giudica come disturbo, quel secondo è preziosissimo. Le energie, le informazioni che possono arrivare dall’universo sono un tesoro immenso che si disvelerà alla nostra consapevolezza nel tempo.


Allora ci potrà accadere di svegliarci una mattina e di dirci: «Ah, ecco, ho capito!». La meditazione ci ha portato la soluzione, ma avevamo bisogno di tempo per afferrarla. Come descritta negli insegnamenti del Buddha Śākyamuni la meditazione è quel processo che ci porta a comprendere il dolore per recidere l’inganno della sofferenza alla r




L’inganno è che le cose accadano per via di cause logiche. Il tentativo della mente di analizzare e di dare spiegazioni a tutti gli eventi e, in particolare a quelli dolorosi, è ovviamente un processo che riduce l’esperienza sensoria ed emotiva. Analizzando l’accaduto la mente si frappone fra l’evento e la consapevolezza diminuendo l’impatto che l’evento può avere sulla coscienza. Ma in questo modo la coscienza rimane prigioniera della mente e non può mai conoscere l’evento per davvero.


Anche i sensi sono operazioni mentali. Quando vediamo, sentiamo, tocchiamo, odoriamo, gustiamo, tra numerose possibilità la mente ci rimanda la propria idea di realtà. La meditazione è quel processo che ci permette di fare esperienza dell’esistenza al di là della sua rappresentazione mentale.



Lungo questo cammino libertà e verità coincidono. Non è un cammino che si fa conquistando qualcosa che non è presente all’origine, bensì lasciando andare qualcosa. Ciò che dobbiamo lasciare è l’ansia, la paura di esserci, di sentire, di respirare la vita, di vivere con attenzione, presenza, intensità, gloriosamente.


Nessun commento:

Posta un commento