venerdì 11 ottobre 2024

I sottomessi

 

Il sé come un’astrazione, cui non corrisponde a niente di reale; Dio come un’astrazione, cui non corrisponde niente di reale… Sono idee della mente, che esistono solo in quanto idee.

Noi siamo condizionati a pensarle e a cercare queste figure, così come i cani, animali gregari, sono condizionati a cercare un padrone. Anche noi cerchiamo un capo, un re, un padre, un duce, uno che comandi – che sia il sé o Dio. Ma un uomo che si fosse liberato di questi condizionamenti, non li cercherebbe. Si renderebbe conto che anche l’animale-uomo cerca un capobranco.

Ma perché cercarlo? Perché crearlo? Non si può vivere senza?

Sì, che si può vivere senza. Ma, in questo caso, bisogna diventare autonomi, padroni della propria vita, e assumersi ogni responsabilità. Non aspettare che decida il capo, ma decidere da sé. E, per decidere da sé, bisogna saper pensare da sé, non ripetere pappagallescamente le idee degli altri.

Purtroppo, la maggior parte degli uomini non raggiunge questo livello di autonomia, e vuole il capo. Nasce così ogni autoritarismo, ogni fascismo. E uno che cerchi il Sé è… un gregario che cerca un capo perfino dentro di sé. È il sottomesso, il dipendente, il sottoposto, il succubo, il conformista, che si spaventa se rimane solo a prendere decisioni. Soffre di un complesso di inferiorità, ha un animo servile.

È la diffusione di questi animi servili che esige il capo, il padrone – fuori e dentro di sé.

Purtroppo, la nostra educazione e la nostra socialità ci spingono a essere dominati. Potrebbe esistere un alveare senza regina, potrebbe esistere un branco di lupi senza uno che comandi? Può esistere un formicaio senza le caste e le gerarchie – la regina, i maschi e le operaie?

Questo è il punto: se c’è un capo, ci devono essere le gerarchie – come nella nostra società. E i preferiti, i favoriti, i fedeli e gli infedeli…

La liberazione, l’autonomia richiedono un lungo processo di consapevolezza. Ci dobbiamo rendere conto di come siamo condizionati a essere dei dipendenti e tirare fuori il nostro orgoglio. C’è un aneddoto orientale che illustra bene la situazione.

C’era un leoncino che aveva perso la madre ed era stato allevato da un gregge di pecore, al punto che si credeva una pecora, belava ed era pieno di paure. Un giorno che era andato a bere in uno stagno, gli apparve alle spalle un grande e possente leone.  Lui si mise a belare dalla paura e l’altro gli domandò: “Perché beli?”

“Perché sono una pecora.”

“Non sei una pecora.”

“E che cosa sono?”

“Guardati bene” disse il leone. E lo fece specchiare nello stagno.

Specchiandosi, il leoncino si accorse di essere un piccolo leone. E scoprendo la propria natura, per la prima volta emise un ruggito.

Ecco, analogamente, vivendo in una società di pecore ci hanno convinto che siamo dei poveri esseri bisognosi di un capo. Ma il capo chi è? Uno che è più furbo o prepotente, e che si approfitta del nostro bisogno per elevarsi al di sopra degli altri.

In realtà è la nostra dipendenza, la nostra sottomissione, che fa di lui un capo.

In genere, in natura, il capo è l’individuo più grosso, più aggressivo, più feroce e più forte. E da noi?

Lo stesso. Il più aggressivo e feroce. Per questo emergono individui come Hitler, Mussolini, Putin o Netanyau.

Se tutti fossimo indipendenti, e fieri di esserlo, non ci sarebbero i dittatori, né esterni, né interiori, né nell’altromondo immaginario.

Ma è necessario sapersi esaminare attentamente. E qui casca l’asino. Perché pochi sanno farlo . nella nostra cultura della dipendenza.

 

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