Ecco cosa succede quando il cervello ‘si
spegne’: “La morte non esiste. Muore il corpo ma la coscienza continua a vivere
in un’altra dimensione”. Le tesi sorprendenti (provate scientificamente) di
Stéphane Allix
L’ex reporter di guerra francese ha scoperto,
analizzato e pubblicato dati scientifici ottenuti da esperimenti nel campo
delle neuroscienze, come gli effetti su di sé di sostanze allucinogene come
l’ayahuasca e la psilocibina, per esplorare i momenti in cui il cervello si
ferma per lasciare spazio alla coscienza
La morte non esiste. Con un titolo del genere il saggio del giornalista
francese. In Francia è già stato un successo di vendite e
di timidi dibattiti. In Italia grazie all’editore Harper&Collins,
e nonostante i librai tengano piuttosto nascosto il volume dalle zone calde
delle librerie, il tema affrontato avrebbe assoluto bisogno di diventare di
dominio pubblico oltre i sempiterni urlanti talk. L’idea di scrivere quello che
è diventato La morte non esiste nacque quando Allix era
32enne (oggi ha 56 anni) e suo fratello morì improvvisamente. Il giornalista
cominciò a chiedersi cosa succede quando moriamo. Cosa
accade alla nostra coscienza e se sopravvive alla morte cerebrale. Dopo
quindici anni di ricerche nel campo scientifico e antropologico ecco un libro
in forma di confessione verso la propria figlia. L’ex reporter di guerra
francese ha scoperto, analizzato e pubblicato dati scientifici ottenuti da
esperimenti nel campo delle neuroscienze, come gli effetti su di sé di sostanze
allucinogene come l’ayahuasca e la psilocibina, per
esplorare i momenti in cui il cervello si ferma per lasciare spazio alla
coscienza. La morte non esiste, insomma, è il tentativo di dare spessore
scientifico a qualcosa di apparentemente spirituale. Inutile dire che note e
pubblicazioni scientifiche alla mano i risultati sono sconvolgenti.
Chiacchieriamo con Allix, un signore elegante e brillante nel proprio eloquio,
tramite Zoom, poco prima che parta per l’India verso un ulteriore percorso di
meditazione e scoperta.
La morte non esiste è un titolo alquanto provocatorio,
non trova?
“Ne sono consapevole,
certo. Questo perché ci si confronta con la morte. Come io ho fatto con quella
di mio fratello e come fanno milioni di persone con i loro cari defunti. Il
titolo del libro propone la realtà che emerge attraverso una lunga inchiesta.
Che cosa muore quando qualcuno muore: la vera persona? O una sorta di
maschera? Quello che muore è il corpo e noi non siamo solo questo
corpo. Siamo ben di più di questo corpo. A livello spirituale e
di coscienza fondamentale la morte non esiste. Quando moriamo il nostro corpo
smette di funzionare ma la nostra coscienza continua a vivere,
a proseguire una forma di esistenza”.
La tesi del suo libro è
che esiste un livello di coscienza indipendente dal funzionamento cervello…
“Non è una tesi
personale, ma un’ipotesi basata su ricerche scientifiche che presento nel libro
e che mostrano come l’essere umano è capace di percepire, osservare, ricordare
delle cose nel momento in cui la sua coscienza funziona anche se non collegata
all’attività del cervello. È il caso della morte imminente (NDE – Near Death
Experience) dove persone in coma o tra la vita e la morte in
seguito a un evento traumatico si osservano dall’alto o vedono luci
luminosissime attorno a loro. Oppure in quello della visione a
distanza dove viene dimostrato che l’essere umano è capace di percepire cose a
lunghissima distanza, a migliaia e migliaia di chilometri da dove si trova.
Tecnica peraltro usata nel programma di spionaggio statunitense Stargate. In
pratica la nostra coscienza non è bloccata nel tempo e nello spazio. Una parte
fondamentale di essa è di natura spirituale e non è influenzata dalla morte del
cervello”.
Esiste un conflitto
nell’essere umano tra coscienza e conoscenza? La nostra conoscenza si è
talmente sviluppata da sovrastare così tanto la coscienza fino a renderla non
più percepibile?
“Quello che spiego nel
libro è il modo in cui l’attività del cervello restringe, limita,
blocca la nostra coscienza, in una certa maniera, nel tempo e
nello spazio. Quindi il conflitto è più tra una coscienza fondamentale che ha
accesso a uno spazio infinito e l’attività del nostro cervello che la riduce
alle piccole esperienze del quotidiano”.
Potete spiegare il
termine DMN?
“In inglese è l’acronimo
di Default Mode Network ed è una struttura cerebrale o rete neuronale coinvolta
nell’esercizio di diverse facoltà come l‘autocoscienza, la memoria
autobiografica, la proiezione nel futuro. La DMN è costantemente al lavoro
nell’individuo per adattarlo e sostenerlo nei cambiamenti ambientali sulla base
dell’esperienza vissuta. È quella che io definisco la rete dell’ego, il
sentimento di essere una persona. Nel libro cito ricerche scientifiche che
hanno sconvolto il mondo della neuroscienza e che riguardano l’uso di
psichedelici. Questi infatti suscitano stati estatici di coscienza, ma
dimostrano inequivocabilmente che queste esperienze non sono causate
dall’attività cerebrale, bensì dalla sua cessazione. Insomma, il cervello non
fabbrica coscienza ma ha un mero ruolo di filtraggio”.
In un capitolo lei si
occupa di un tema delicatissimo: l’attività dei medium. Un tema che sembra
tutto fuorchè scientifico ma di percezione soggettiva o perfino di truffa e
creduloneria…
“Anche qui: mi sono
occupato in maniera scientifica di questo tema. Ho riportato i risultati di
esperimenti scientifici sulla questione. Non parlo di alcuna astratta filosofia
sulla percezione. Di solito ci si rivolge ai medium per ottenere informazioni
sui defunti. A livello scientifico quindi bisogna assicurarsi che il medium non
abbia alcuna comunicazione precedente all’incontro, di isolarlo e porgli domane
precise. L’esperienza fatta in questo modo con esperimenti ripetuti più volte
dimostrano che moltissimi medium sono capaci di fornire informazioni
estremamente precise sui defunti e che non c’è alcuna spiegazione convenzionale
su come questo avvenga. Vuole un esempio? Si dà al medium all’improvviso una
foto e un nome e gli si chiede come quella persona sia morta. E nella
stragrande maggioranza dei casi si ottengono informazioni molto dettagliate che
descrivono le circostanze del decesso. Si tratta di esperimenti
rigorosi e statisticamente i risultati sono sorprendenti e pertinenti”.
C’è stato un momento
nella vostra ricerca per il libro che è stato uno schock?
“Rimango comunque un
giornalista. Quindi quando ho vissuto e incontrato esperienze molto forti sul
momento mi sono impressionato, ma ci sono sempre state domande che subito si
sono imposte e alle quali bisogna provare a dare risposte. Il mio lavoro per il
libro in tutti questi anni è stato di accumulare grandi e piccoli elementi, ma
non è mai dipeso dal fatto che un giorno ho avuto una qualche rivelazione o un’esperienza
fuori dall’ordinario che mi ha cambiato. È un’inchiesta che mi ha
permesso di formarmi un’opinione sul lungo termine”.
Quando riporta nei
dettagli la sua esperienza di assunzione dell’ayahuasca parla di un legame
dell’uomo con la natura: forse questo legame in Occidente è scomparso?
“L’ayahuasca permette una
grande apertura della coscienza. Permette di entrare in una dimensione
della realtà alla quale non si ha accesso nel tempo ordinario. Gli
sciamani amazzonici dicono che questa realtà è una dimensione spirituale dove
vivono gli spiriti dei morti, della natura, degli animali e delle piante. Ho
accumulato abbastanza viaggi in Amazzonia per capire se l’esperienza vissuta
ingerendo ayahuasca è di natura reale o è un meccanismo allucinatorio di
immaginazione interiore. Ci vuole molta pratica per capirlo. Con gli sciamani
ho lavorato in maniera molto razionale. Ho sempre cercato di
capire a che cosa si ha accesso e come posso verificarlo. Come posso
capire se quello che ho visto e detto non è frutto della mia immaginazione. Ho
raccolto testimonianze che permettono di avere la certezza che si sta parlando
di un’altra dimensione della realtà alla quale la nostra coscienza
può accedere”.
Pensa che stiamo vivendo
in un periodo storico troppo positivista e poco spirituale?
“Certo, può essere vero, ma allo stesso tempo l’aspetto straordinario è che è
la scienza stessa a metterci a confronto con una realtà nuova. Trovo
interessante e paradossale che queste scoperte di spiritualità abbiamo
controprove eminentemente scientifiche”.
Interessante l'osservazione che queste esperienze non sono causate dall’attività cerebrale, bensì dalla sua cessazione. Insomma, il cervello non fabbrica la coscienza ma ha un mero ruolo di "filtraggio”.
E qui siamo al punto. Perché l'idea che ci sia una consapevolezza superiore alla mente comune e che possa farci accedere a una dimensione diversa è vecchia quanto il mondo. E' ancora la antica storia dell'anima. Anche le esperienze psichedeliche risalgono alla notte dei tempi con gli sciamani stregoni, sia in Asia sia in America Latina.
Ma è evidente che si tratta di esperienze allucinatorie, come quelle dell’esperienza di pre-morte, causata sia dalle sostanze date dai medici ai moribondi sia dallo stato di mancanza di ossigeno al cervello.
Infatti, l’autore dice che “queste esperienze non sono causate dall’attività cerebrale, bensì dalla sua cessazione”. Lo affermano anche i mistici tibetani.
Va aggiunto che buona parte dei Veda furono ispirati dal consumo di sostanze psichedeliche, dette “soma”. Il “soma” è una bevanda sacra menzionata nei Veda, i testi sacri dell’antica India. Era utilizzata nei rituali religiosi e considerata un elisir divino che conferiva forza e immortalità1. La preparazione del soma coinvolgeva l’estrazione del succo da una pianta, ma l’identità esatta di questa pianta è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi.
Il soma era centrale nei sacrifici vedici e spesso associato al dio Indra, che secondo i testi, ne beveva grandi quantità per ottenere potere e vittoria. La sua importanza è tale che molti inni del Rigveda sono dedicati a questa bevanda e al suo culto.
Trasferendoci in Amazzonia, troviamo che l’ayahuasca è un decotto psichedelico tradizionalmente usato nelle cerimonie spirituali delle popolazioni amazzoniche. È preparato con due piante principali: la liana Banisteriopsis caapi e le foglie dell’arbusto Psychotria viridis. Questo infuso è noto per i suoi effetti allucinogeni e purganti, che possono indurre visioni e stati alterati di coscienza.
L’ayahuasca è utilizzata da secoli per scopi mistici e terapeutici, ma è importante sottolineare che può avere effetti avversi se non assunta sotto la guida di esperti. In Italia, è classificata come sostanza stupefacente e il suo uso è illegale.
Io dico comunque una cosa ovvia: che chi dice di essere morto e poi di essere tornato in vita, non è veramente morto; altrimenti non ci avrebbe raccontato nulla.
L' idea che si possa andare e tornare dalla dimensione dei morti, è pura mitologia.
Oppure, è Dio che ogni tanto si sbaglia, pure lui?
Non facciamo ridere i polli.
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