Tutti sanno che tra banchieri e usurai la differenza è minima: i
banchieri applicano un tasso un pelino inferiore. Ma pochi sanno che gran parte
delle opere religiose si deve a questa gente.
Per esempio, Enrico
Scrovegni era un banchiere-usuraio di Padova che sapeva bene di doversi far
perdonare parecchi peccati. Allora fece costruire una cappella e chiamò ad
affrescarla il più noto pittore dell’epoca – Giotto – e così nacque nel Trecento la famosa
Cappella degli Scrovegni.
Ma qua è l’idea che sta
sotto questa iniziativa? Che pagando molto si ottiene non solo l’appoggio della
Chiesa, ma anche l’occhio benevolo di Dio, che evidentemente è sensibile anche
lui ai soldi e all’adulazione. La mentalità del banchiere è sempre la stessa: i
soldi fanno girare il mondo e un buon conto corrente aiuta sia nell’aldiqua sia
nell’aldilà.
Gran parte delle opere d’arte
sono nate con questa mentalità – per comprare Dio.
Ma diciamo pure che l’intera mentalità
religiosa, che cerca accumuli di meriti, guadagni, profitti, sconti e
condizioni di favore, e che pensa sempre in termini di bilanci e di partita
doppia, è il fondamento stesso delle religioni teiste. Finché c’è denaro, c’è
speranza.
Non è un caso che il capitalismo dei banchieri e
il cattolicesimo siano nati nello stesso posto: l’Italia.
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