Il concetto di anima nasce proprio quando ci accorgiamo che il corpo,
che ci permette di essere al mondo, si trasforma in limite delle nostre
intenzioni, dei nostri propositi e dei nostri sogni.
Questa esperienza di confine e di barriera è la sofferenza.
Quando il corpo non è più il nostro glorioso veicolo del divenire, ma un
ostacolo invalicabile ovvero un mezzo insufficiente e inadatto, ecco che siamo
pronti per un’altra vita. E si crea una scissione fra la realtà e le nostre
aspirazioni.
Ma da dove sono nate queste aspirazioni?
Chiaramente da una mente che eccede il corpo.
La sofferenza, l’insoddisfazione e l’irrequietezza sono in tal senso
spie dell’anima, ossia nostalgia di una dimensione superiore. Non pensiamo
dunque che la nostra inquietudine sia un difetto: è il segno di un’energia che
non vuole rimanere confinata in se stessa.
Non è stato così anche per quel Dio che ha dato vita al cosmo? È uscito
dai suoi confini.
Chi è che esce da se stesso? Il matto, d‘accordo. Ma anche il mistico
che aspira alla trascendenza.
Il sé è dunque il veicolo che, mentre ci permette di avere una
coscienza, è proteso verso il superamento di se stesso, verso l’infinito.
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