Chi legge questo blog, si
pone evidentemente delle domande sul senso della vita: che cos’è l’io, che
cos’è il sé, che cosa sono il tempo e lo spazio, che cos’è la morte, qual è lo
scopo dell’esistenza, come mi devo comportare per evitare la sofferenza e per
essere felice, ecc.?
È una persona che ricerca,
che si sforza di capire, che non si accontenta delle risposte tradizionali
delle religioni o delle filosofie.
Quasi tutti partono, in
questa ricerca, da una condizione di insoddisfazione e di sofferenza. E quasi
tutti pretenderebbero una risposta in termini razionali, ossia in termini di
pensiero.
Ma qui c’è l’elemento di
differenza tra una comune ricerca spirituale e la ricerca meditativa. Noi non
dobbiamo cercare una risposta che sia una costruzione del pensiero, ma un
riassorbimento della domanda mentale nella sostanza della mente, che è la
coscienza. Dobbiamo dunque dissolvere il pensiero nell’esperienza di fondo
della consapevolezza, che è già di per sé la condizione di felicità.
Questa “comprensione” non
appartiene alla mente logica, ma all’essere stesso.
Anziché rispondere con
concetti, si ritorna all’esperienza di base della consapevolezza. Quando un
maestro zen vi domanda che cosa sia una brocca, voi non dovete cercare una
definizione, ma prendere la brocca in mano.
Quando ci interroghiamo sul
senso della vita, non dobbiamo cercare una parole o una definizione, ma
dobbiamo ritornare alla sensazione fondamentale del vivere. Il nostro problema
è proprio questo: abbiamo perso, nella mille attività della mente, il senso
della vita, che è qualcosa di fondamentalmente gioioso.
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