Senza rendercene conto,
siamo noi a modellare il mondo in cui viviamo, non qualche Dio sconosciuto.
Credere in una cosa significa darle vita.
Per esempio, credere ad un
Dio-altro-da-sé porta a costruire un mondo gerarchico e autoritario, non ci
permette si assumere le nostre responsabilità: possiamo essere padroni o
schiavi, ma mai responsabili del nostro destino.
L’uomo ha creato il mondo in
cui credeva. Credendo in un modello del mondo (patriarcale, con determinati
rapporti di forza tra chi comanda e chi ubbidisce, tra uomo e donna, tra sacro
e profano, tra religione e Stato) ha dato vita proprio a quel mondo.
Ora, il salto evolutivo consiste
nel credere in un mondo in cui ognuno deve assumersi la propria responsabilità,
un mondo in cui non esiste una legge imposta dall’alto, ma la legge è
concordata collettivamente fra gli individui e le parti sociali.
Se crederemo in un Dio-nostro-sé,
non potremo più scaricare i meriti e le colpe su qualcun altro, ma dovremo
convenire che siamo noi principali responsabili di ciò che ci accade. Saremo
noi i responsabili di un nuovo mondo in cui ciò che esiste (e il modo in cui
esiste) è esattamente ciò in cui crediamo (e il modo in cui crediamo).
Questo perché la presenza
consapevole – il Dio-nostro-sé – non si limita a testimoniare, ma è anche la
sostanza del mondo.
Consapevolezza, mondo,
ambiente, clima, strutture ed eventi sono tutti espressioni del nostro sé, sono
il nostro sé. E se l’ambiente è parte del mio sé, io sono responsabile di ciò
che avviene.
Però, per cambiare le cose,
non basta che una persona pensi qualcosa di nuovo. È necessario che la credenza
venga abbracciata da un gran numero di persone.
Ecco perché i grandi nemici
dell’evoluzione e del cambiamento creativo e migliorativo sono i conservatori,
coloro che non vogliono cambiare le loro convinzioni, i dogmatici, i credenti
in verità che ritengono assolute.
Quando la nuova e più ampia
verità penetra nelle menti di tante persone, a quel punto si realizza, s’invera.
E cambia il mondo.
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