martedì 14 luglio 2015

La meditazione teista

Ascoltavo alla radio un prete cattolico che pratica la meditazione zen.
Non c’è niente di male. Ma va ricordato che la meditazione è uno spogliarsi di ogni sovrastruttura mentale e fare esperienza dell’essere puro e semplice.
Ora, niente ci vieta di considerare l’essere fondamentale come Dio. Già nelle Unpanishad si pensava che il punto più profondo del nostro essere individuale coincidesse con il Brahman, con la Divinità.
Ma questa Divinità non è identificabile con nessuna idea della mente. È al di là del pensiero umano e non è racchiudibile in definizioni, dogmi o fedi.
Non ha dunque nulla a che fare con il Dio di questa o di quella religione. Non ha inviato né profeti né salvatori e non ha fondato Chiese. E non si è fatto uomo per poi morire e risorgere.
Non ha bisogno né di farsi uomo né di farsi qualche altro essere per il semplice fatto che ha già dato vita a tutto.
È come il sole che irradia la sua luce senza bisogno che qualcuno lo preghi.
Attenzione, quindi. Con la meditazione teista noi ci rivolgiamo ad un Dio per chiedergli qualcosa. Con la meditazione orientale noi ci rivolgiamo all’essere, prima nostro e poi generale.

D’altronde, anche nella mistica cristiana si riconosceva che la miglior preghiera consistesse semplicemente nello stare alla presenza di Dio, senza chiedere nulla, senza usare parole, con la mente vuota.

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