Ascoltavo alla radio un
prete cattolico che pratica la meditazione zen.
Non c’è niente di male. Ma
va ricordato che la meditazione è uno spogliarsi di ogni sovrastruttura mentale
e fare esperienza dell’essere puro e semplice.
Ora, niente ci vieta di
considerare l’essere fondamentale come Dio. Già nelle Unpanishad si pensava che
il punto più profondo del nostro essere individuale coincidesse con il Brahman,
con la Divinità.
Ma questa Divinità non è
identificabile con nessuna idea della mente. È al di là del pensiero umano e
non è racchiudibile in definizioni, dogmi o fedi.
Non ha dunque nulla a che
fare con il Dio di questa o di quella religione. Non ha inviato né profeti né
salvatori e non ha fondato Chiese. E non si è fatto uomo per poi morire e
risorgere.
Non ha bisogno né di farsi
uomo né di farsi qualche altro essere per il semplice fatto che ha già dato
vita a tutto.
È come il sole che irradia
la sua luce senza bisogno che qualcuno lo preghi.
Attenzione, quindi. Con la
meditazione teista noi ci rivolgiamo ad un Dio per chiedergli qualcosa. Con la
meditazione orientale noi ci rivolgiamo all’essere, prima nostro e poi generale.
D’altronde, anche nella
mistica cristiana si riconosceva che la miglior preghiera consistesse
semplicemente nello stare alla presenza di Dio, senza chiedere nulla, senza
usare parole, con la mente vuota.
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