La mente è un nodo di tensioni
che è all’origine di tanti nostri malesseri: preoccupazioni, ansie,
paure, rimpianti, sensi di colpa, desideri, fantasie, illusioni, speranze, ecc.
Potere uscire ogni tanto dalla mente è una grande liberazione, un
sollievo salutare. Anche in chi è molto teso, comunque, esistono momenti in cui
ci si rilassa, ci si stira, si sbadiglia, si socchiudono gli occhi e magari si
sorride. Ma non si tratta di uno stato che possa essere creato a volontà. A
volontà possiamo creare la tensione. La distensione è più difficile, perché è
più un lasciar andare che un concentrarsi. Soprattutto non è uno stato che
possa essere pensato.
Ognuno trova luoghi, situazioni o persone in cui si sente più rilassato.
È uno stato dell’essere: ciò che siamo in un certo momento in cui la
mente, per questioni di stanchezza o di moti circadiani, è assente.
Non-mente, dunque. Siamo nella posizione del sé, del testimone. Anziché porre
in primo piano le varie attività mentali, ritorniamo allo stato che sta al
fondo di ogni esperienza e di ogni percezione.
Si tratta di uno stato che esiste sempre, che è al di sotto di ogni
esperienza. Basta dismettere la mente che vorrebbe appropriarsi di ogni
esperienza intestandosi la pretesa di essere il soggetto, l’io.
Per prima cosa individuiamo, durante certe esperienze di grazia, questo
sé o testimone che è al fondo di noi stessi e di ogni movimento mentale.
Con un atto di attenzione, non di pensiero.
Poi rimaniamo consapevoli in questo stato.
Quando c’è la presenza del sé, il corpo, la mente e il mondo si ritirano
nello sfondo. E noi ritroviamo attimi di pace.
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