martedì 28 luglio 2015

La ricerca del sé

Non possiamo sperimentare niente che sia al di fuori della coscienza. Tutto ciò di cui abbiamo esperienza deve passare per la coscienza. Gli input possono essere i più vari (percezioni, sensazioni, sentimenti, emozioni, idee, pensieri, immagini, suoni, ecc.), ma tutti devono passare per la coscienza.
Di fatto, la coscienza coincide con il nostro conoscere, a qualunque livello, da quello più semplice delle sensazioni a quello più complesso dei concetti.
La coscienza o consapevolezza è esattamente il nostro campo conoscitivo. Ma, mentre le varie conoscenze assumono le forme più varie, la nostra presenza consapevole, il sé, resta il fondamento di tutto, lo schermo che incornicia e contiene tutto ciò che possiamo conoscere. La coscienza è il testimone che sembra mescolarsi con le conoscenze, ma che in realtà è il fondamento distaccato.
Al fondamento di qualunque esperienza e conoscenza si trova perciò la coscienza.
Il problema di questa presenza consapevole che accompagna come un’ombra ogni conoscenza è che non può essere fatta oggetto a sua volta di conoscenza. Essendo il soggetto consapevole, se cerco di conoscerlo, mi sfugge.
Il fatto è che noi siamo questo sé che vorremmo restringere in categorie conoscitive.
Dobbiamo dunque, più che cercare di conoscere il sé, cercare di esserlo.
Strano paradosso, dato che lo siamo sempre e non possiamo non esserlo.
Il problema della meditazione è tutto qui: cerchiamo di cogliere ciò che non possiamo conoscere come un oggetto… rimanendo sempre il soggetto.

Qual è la via d’uscita? Ovviamente, dismettere i tentativi di conoscenza mentale, di indagine analitica, e ritornare ad essere ciò che siamo. Ecco perché, più che fare sforzi, dobbiamo smettere di tenderci e di voler conseguire qualcosa.

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