La mente come centro dell’organismo
psico-fisico è un nodo di tensioni. Pensare è sempre protendersi e tendersi.
Dunque, per prima cosa, percepiamo questa tensione a livello di testa,
di occhi, di bocca, di mascella, di muscoli del viso, di narici, di fronte, di
cervello… Chiudere gli occhi e sentire tutto questo.
Adesso, la tensione è davanti a noi, sia a livello fisico sia a livello
mentale. Ma noi possiamo lasciare questo primo schermo e scendere più in fondo,
là dove siamo consapevoli della tensione. Scendiamo a livello del testimone
delle attività mentali che ci tendono.
Rilassiamoci il più a lungo possibile in questa posizione. Prendiamo le distanze
dalla mente ordinaria, con le sue ansie e le sue preoccupazioni.
A poco a poco ci rendiamo conto che il testimone non è più un io
separato, un soggetto che si contrappone agli oggetti. Ma un tutto unico.
Il sé consapevole e le cose sono un insieme indiviso, in cui in un
secondo momento la mente distingue chi conosce da ciò che è conosciuto.
Esiste come un presupposto, una “sostanza”, un collante per cui le cose possono
essere conosciute, possono cioè aderire intimamente e interagire fra loro.
A livello teorico, questo ci dà un’enorme possibilità di intervenire sul
nostro destino. Ecco perché questo esercizio è così importante.
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