venerdì 31 luglio 2015

La mente e la felicità

La mente non è in grado di darci una felicità definitiva, essendo fondata sul dualismo dialettico degli opposti. In altri termini, la felicità sarà sempre insoddisfacente e, dopo la felicità, verrà il suo contrario.
In compenso, è capacissima di produrre infelicità ad oltranza.

Dobbiamo quindi risalire alle fonti stesse della mente, per trovare quel sé che per definizione è vera gioia, ossia uno stato al di là del dualismo felicità-infelicità.

L'identità perduta

Se diciamo che dobbiamo reintegrarci nel Testimone, nel sé, parliamo dal punto di vista della mente, dell’io, che, dopo aver diviso e distinto, soffre di un senso di separatezza e di isolamento e cerca l’unità perduta. Ma come interpretiamo questa esigenza?
Eliminare il dualismo è difficile.
Forse abbiamo capito ciò che dovremmo fare. Ma non succede nulla.
Non succede nulla per due motivi.
Primo, la nostra comprensione è solo intellettuale e non esperienziale.
Secondo, dobbiamo ripetere più volte questa comprensione affinché si sciolga la vecchia dissociazione tra mente, corpo e mondo. Non ci dimentichiamo, infatti, che mente, corpo e mondo sono il prodotto di un’antica separatezza. 
Queste realtà sono dunque il frutto di una credenza: la fede ignorante nel Dio creatore. E l'ignoranza è di una potenza immane.

Dobbiamo quindi prima convincerci intellettualmente e poi ripetere continuamente l’esperienza dell’antica dissociazione e della nuova identificazione.

giovedì 30 luglio 2015

L'illuminazione

Chi legge questo blog, si pone evidentemente delle domande sul senso della vita: che cos’è l’io, che cos’è il sé, che cosa sono il tempo e lo spazio, che cos’è la morte, qual è lo scopo dell’esistenza, come mi devo comportare per evitare la sofferenza e per essere felice, ecc.?
È una persona che ricerca, che si sforza di capire, che non si accontenta delle risposte tradizionali delle religioni o delle filosofie.
Quasi tutti partono, in questa ricerca, da una condizione di insoddisfazione e di sofferenza. E quasi tutti pretenderebbero una risposta in termini razionali, ossia in termini di pensiero.
Ma qui c’è l’elemento di differenza tra una comune ricerca spirituale e la ricerca meditativa. Noi non dobbiamo cercare una risposta che sia una costruzione del pensiero, ma un riassorbimento della domanda mentale nella sostanza della mente, che è la coscienza. Dobbiamo dunque dissolvere il pensiero nell’esperienza di fondo della consapevolezza, che è già di per sé la condizione di felicità.
Questa “comprensione” non appartiene alla mente logica, ma all’essere stesso.
Anziché rispondere con concetti, si ritorna all’esperienza di base della consapevolezza. Quando un maestro zen vi domanda che cosa sia una brocca, voi non dovete cercare una definizione, ma prendere la brocca in mano.

Quando ci interroghiamo sul senso della vita, non dobbiamo cercare una parole o una definizione, ma dobbiamo ritornare alla sensazione fondamentale del vivere. Il nostro problema è proprio questo: abbiamo perso, nella mille attività della mente, il senso della vita, che è qualcosa di fondamentalmente gioioso.

mercoledì 29 luglio 2015

Il sé Testimone e Regista

Il sé non è solo il Testimone, lo Spettatore di ciò che viene proiettato nel film della vita. Ma è anche il regista. E, a pensarci bene, è anche la pellicola, la luce e la sostanza dello stesso film.
Ma perché tanti film, tante diversità?

Per il semplice piacere di immaginare e proiettare tutte le possibilità.

Positività

Perché l’essere e non il nulla? Perché la vita?
Perché sostanzialmente la vita è un’esperienza piacevole, positiva. Per tutti gli esseri viventi, anche per quelli che vivono un solo attimo. Infatti, tutte le attività che assicurano la vita (mangiare, bere, far l’amore, ecc.) sono sostanziate di piacere. E, anche quando soffriamo, lo facciamo partendo da un’idea, da un’esperienza di felicità.
Benché ci siano momenti terribili, tante sofferenze ed esistenze sacrificate, il giudizio del vivente è positivo: vale comunque la pena.
Questa esperienza nucleare della piacevolezza dell’essere è alla base del vivere, ancora prima che la vita si espliciti.
Quando noi meditiamo e contempliamo, in realtà riassaporiamo la positività, la gioia e la felicità del semplice essere. È il sé che si compiace di se stesso.


Parole e meditazione

Spiegare la meditazione a parole è un controsenso. L’uso di un linguaggio dualistico e oggettuale (che rende ogni cosa un oggetto separato) è un controsenso. I libri, le interviste, le discussioni, questo stesso blog, sono controsensi.
Con le parole, che dividono, isolano e separano, non si può spiegare ciò che è unitario. Inevitabile la contraddizione. Tutto andrebbe detto e scritto fra mille virgolette e con sottotesti. Come dicono nello zen, il dito che indica la luna non va confuso con la luna.
Fin dall’origine si è chiarito che lo stato che cerchiamo è al di là delle parole, al di là delle definizioni, al di là dei concetti.
Sarebbe meglio starsene zitti e raccolti. Come facciamo a descrivere con suoni un’esperienza di silenzio?
Ma, nella confusione che deriva dall’uso delle parole, nate per de-finire (e quindi uccidere) lo spirito, può nascere qualche intuizione, qualche richiamo, qualche barlume di comprensione Chissà mai. Tutti incominciamo così.
Le parole, nate per comunicare, sono poi i più grandi ostacoli ad una comprensione profonda del senso unitario delle cose.
“Colui che conosce la felicità del brahman, dal quale recedono le parole e che non è conseguibile mediante il pensiero, costui non teme nessuna cosa” [Taittiriya Upanishad], non si tormenta con le idee di bene e di male e si libera dal dualismo.

Proviamo, dunque, a stare in silenzio – di parole e di pensieri – in questo mondo tormentato dalle parole e dai concetti. Proprio questa è meditazione.

martedì 28 luglio 2015

Un compito paradossale

Conoscere è stabilire un rapporto tra due cose. E questo sembra essere qualcosa di positivo – stabilire un rapporto tra due cose che non lo avevano… Ma se ciò che cerchiamo di conoscere fosse esattamente ciò che siamo, ossia ciò con cui siamo già intimamente uniti, anzi fusi? Non finiremmo per separare ciò che è unitario?

Il problema della meditazione è che cerchiamo di conoscere, con gli strumenti della mente, ciò che siamo, ossia ciò con cui non ci troviamo in un rapporto soggetto/oggetto, perché in realtà lo siamo!
Come può un cane afferrare la propria coda? Più la insegue, più quella sfugge. L’unica soluzione è sedersi sulla propria coda e afferrarla con i denti.

La ricerca del sé

Non possiamo sperimentare niente che sia al di fuori della coscienza. Tutto ciò di cui abbiamo esperienza deve passare per la coscienza. Gli input possono essere i più vari (percezioni, sensazioni, sentimenti, emozioni, idee, pensieri, immagini, suoni, ecc.), ma tutti devono passare per la coscienza.
Di fatto, la coscienza coincide con il nostro conoscere, a qualunque livello, da quello più semplice delle sensazioni a quello più complesso dei concetti.
La coscienza o consapevolezza è esattamente il nostro campo conoscitivo. Ma, mentre le varie conoscenze assumono le forme più varie, la nostra presenza consapevole, il sé, resta il fondamento di tutto, lo schermo che incornicia e contiene tutto ciò che possiamo conoscere. La coscienza è il testimone che sembra mescolarsi con le conoscenze, ma che in realtà è il fondamento distaccato.
Al fondamento di qualunque esperienza e conoscenza si trova perciò la coscienza.
Il problema di questa presenza consapevole che accompagna come un’ombra ogni conoscenza è che non può essere fatta oggetto a sua volta di conoscenza. Essendo il soggetto consapevole, se cerco di conoscerlo, mi sfugge.
Il fatto è che noi siamo questo sé che vorremmo restringere in categorie conoscitive.
Dobbiamo dunque, più che cercare di conoscere il sé, cercare di esserlo.
Strano paradosso, dato che lo siamo sempre e non possiamo non esserlo.
Il problema della meditazione è tutto qui: cerchiamo di cogliere ciò che non possiamo conoscere come un oggetto… rimanendo sempre il soggetto.

Qual è la via d’uscita? Ovviamente, dismettere i tentativi di conoscenza mentale, di indagine analitica, e ritornare ad essere ciò che siamo. Ecco perché, più che fare sforzi, dobbiamo smettere di tenderci e di voler conseguire qualcosa.

lunedì 27 luglio 2015

La mente creatrice

Senza rendercene conto, siamo noi a modellare il mondo in cui viviamo, non qualche Dio sconosciuto. Credere in una cosa significa darle vita.
Per esempio, credere ad un Dio-altro-da-sé porta a costruire un mondo gerarchico e autoritario, non ci permette si assumere le nostre responsabilità: possiamo essere padroni o schiavi, ma mai responsabili del nostro destino.
L’uomo ha creato il mondo in cui credeva. Credendo in un modello del mondo (patriarcale, con determinati rapporti di forza tra chi comanda e chi ubbidisce, tra uomo e donna, tra sacro e profano, tra religione e Stato) ha dato vita proprio a quel mondo.
Ora, il salto evolutivo consiste nel credere in un mondo in cui ognuno deve assumersi la propria responsabilità, un mondo in cui non esiste una legge imposta dall’alto, ma la legge è concordata collettivamente fra gli individui e le parti sociali.
Se crederemo in un Dio-nostro-sé, non potremo più scaricare i meriti e le colpe su qualcun altro, ma dovremo convenire che siamo noi principali responsabili di ciò che ci accade. Saremo noi i responsabili di un nuovo mondo in cui ciò che esiste (e il modo in cui esiste) è esattamente ciò in cui crediamo (e il modo in cui crediamo).
Questo perché la presenza consapevole – il Dio-nostro-sé – non si limita a testimoniare, ma è anche la sostanza del mondo.
Consapevolezza, mondo, ambiente, clima, strutture ed eventi sono tutti espressioni del nostro sé, sono il nostro sé. E se l’ambiente è parte del mio sé, io sono responsabile di ciò che avviene.
Però, per cambiare le cose, non basta che una persona pensi qualcosa di nuovo. È necessario che la credenza venga abbracciata da un gran numero di persone.
Ecco perché i grandi nemici dell’evoluzione e del cambiamento creativo e migliorativo sono i conservatori, coloro che non vogliono cambiare le loro convinzioni, i dogmatici, i credenti in verità che ritengono assolute.

Quando la nuova e più ampia verità penetra nelle menti di tante persone, a quel punto si realizza, s’invera. E cambia il mondo.

domenica 26 luglio 2015

Il gioco di Dio

Quando guardiamo un film, sappiamo benissimo che si tratta di semplici ombre su uno schermo. Ma questo non significa che un film sia uguale all’altro e che non ce ne siano di migliori.
Analogamente, sappiamo tutti che un sogno non è qualcosa di reale: immagini prodotte dalla nostra mente. Ma questo non significa che un sogno sia uguale all’altro e che non ce ne siano di migliori e peggiori: un bel sogno e un incubo sono molto differenti e influenzano positivamente o negativamente la nostra psiche.
Questo per dire, anche nella dimensione delle immagini, dei sogni, delle fantasie, dei pensieri e delle apparenze più o meno vuote, si può fare un’enorme differenza. Pur restando consapevoli che il nostro mondo è una proiezione di immagini poco consistenti, dobbiamo impegnarci per renderle il più possibile piacevoli.
Nella tradizione del Vedanta, non si è trovata migliore parola di “gioco” per definire questa apparizione di immagini che costituisce il nostro mondo. Lila, il “gioco di Dio”. Che potrebbe rimanere tutto in se stesso, ma che preferisce moltiplicarsi in un numero infinito di immagini.

C’è dunque molto da fare per rendere le immagini più spiacevoli e nere immagini piacevoli e luminose.

sabato 25 luglio 2015

La vera casta

Sono tutti amore e carità, ma, quando li toccano sui soldi, diventano vipere aggressive. Si tratta dei nostri vescovi che scattano di colpo non appena qualcuno vuol far pagare alle loro scuole (anche quelle lussuose con rette per ricchi) le tasse che non pagano.
Dove si vede che l’evasione fiscale è un nervo scoperto della Chiesa.
Dove si vede che i privilegi non sono solo quelli dei politici, ma anche quelli dei preti che dicono di occuparsi dei poveri ma si fanno casta a sé.
Certo, è una questione ideologica: vogliono mantenere il potere sulla società e dunque i relativi benefici. Temono il contagio – sì, del pagamento delle imposte.
Dicono che è un questione di libertà. Ma è una questione di soldi.

La verità è che la Chiesa vive alle spalle dei cittadini che pagano le tasse. Ed è un peso enorme per l’Italia.
In compenso c’è Maroni che ha detto che, se scatta l’ICI sugli istituti religiosi, lui aumenterà gli stanziamenti per la scuola privata. Evidentemente crede che ci sia un filo diretto tra Lega e Chiesa. Questione ideologica, appunto.

La via della consapevolezza

Dicono i maestri zen che la Via è come il grande Vuoto, è come una stanza libera, sgombra, vuota e libera, è una limpida consapevolezza priva di pensieri.
Quando la bocca vuole parlare di questo grande Vuoto, le parole fuggono. Quando la mente vuole pensarlo, i pensieri svaniscono.
Eppure la Via esiste fin dalle origini nel proprio spirito. E, quando la mente non sorge, tutto è senza difetto. Le parole indicano la Via, ma, una volta che vedete la Via, subito dimenticate le parole.
Ma perché assimilare la consapevolezza al Vuoto?
Il fatto è che il vuoto è potenzialmente pieno. Mentre il pieno non può accogliere nient’altro.

Questa consapevolezza, questa presenza, questa testimonianza è assimilata al Vuoto perché è capace di accogliere qualunque cosa. E in realtà accoglie e crea ogni cosa.

L'importanza della consapevolezza

Dopotutto, il nostro non sarebbe un pianeta così brutto: è posizionato alla giusta distanza dalla sua stella ed ha un clima sopportabile. C’è di peggio; pianeti che sono completamente gelati, senza aria o roventi.
Il problema sono i suoi abitanti. Brutali, violenti, egocentrici, fanatici, sempre in guerra. Potremmo vivere in pace suddividendoci i beni della natura, ma poche persone accumulano per sé la ricchezza di milioni di altri esseri umani. Un’assurdità, uno spreco pazzesco.
Siamo fatti male o si tratta di un peccato originale?
Il fatto è che, essendo stati generati da una natura feroce, che mette ogni specie in concorrenza con le altre, la violenza ci è servita per sopravvivere. Il Creatore ha voluto che, accanto all’armonia nascosta, vi fosse anche una guerra ben visibile.
Ma oggi questo istinto è il nostro handicap. Se non riusciamo a rendercene conto, siamo fritti.
Siamo a un punto dell’evoluzione  in cui o ci volgiamo verso noi stessi e diventiamo consapevoli o siamo perduti.

Le religioni dell’amore non servono più a niente (anche il più grande criminale è capace di amare qualcuno): ci vuole una religione della consapevolezza.

venerdì 24 luglio 2015

L'oscura consapevolezza

La consapevolezza è come la “materia oscura” della fisica. Si sa che c’è, ma non si riesce a rilevarla. Il fatto è che, non appena ne facciamo oggetto di ricerca, lei, essendo sempre ciò che è consapevole, sfugge di nuovo.
E tuttavia è esattamente ciò per cui esiste il mondo, lo schermo entro il quale possono scorrere gli eventi. C’è qualcosa che è sempre presente, che è sempre testimone, che è prima di ogni altra realtà: del mondo, dell’io, della mente e del pensiero. È sempre presente nel senso che è sempre adesso, al di fuori del tempo e dello spazio.

Questo è il vero sé.

Il tempo della consapevolezza

Stiamo divorando il pianeta, stiamo segando il ramo su cui ci troviamo. Non una prova di intelligenza.
Finora siamo stati spinti dalle ideologie e dalle religioni della conquista.  Ora dobbiamo cambiare paradigma. Dobbiamo fare qualcosa che non abbiamo mai fatto, qualcosa che sembra innaturale.
Dobbiamo fermarci, limitarci, contenerci, ottimizzare, ridistribuire.
Oggi non si tratta più di espandersi, di acquisire e di consumare. Ma di essere consapevoli della nostra stessa evoluzione e di decidere da che parte vogliamo andare.
Probabilmente una crisi di civiltà, che devono attraversare tutti i pianeti abitati.
Solo se saremo capaci di riflettere e di capire che cosa stiamo facendo, saremo in grado di cambiare passo.

Non dobbiamo più seguire l’istinto, ma la consapevolezza. È questo il salto evolutivo da compiere.

giovedì 23 luglio 2015

Il film della vita

Quando ci immergiamo in un film e ne seguiamo le vicende, ci identifichiamo con i personaggi e proviamo tutte le emozioni del caso (paura, rabbia, gioia, felicità, angoscia, ecc.). Dimenticandoci che è un film, ci sembra reale.
Ma se, a un certo punto, ci ricordiamo che è soltanto un film e che ciò che stiamo guardando sono immagini e suoni, l’incanto si spezza e capiamo che noi siamo gli spettatori e che siamo stati vittime di un’illusione.
Lo stesso vale per la vita “reale”. Noi siamo degli spettatori che si credono attori, per il semplice fatto che abbiamo coinvolto altri tre sensi (tatto, odorato e odorato). Ma la sostanza dell’illusione è identica.
Svegliarsi significa rendersi conto che ciò che stiamo vivendo è un’abile rappresentazione, un gioco di sensazioni e pensieri.
Dove si svolge questo gioco? Ovviamente su uno schermo che resta immutabile e distaccato. Le immagini e le altre sensazioni passano sullo schermo. Ma lo schermo resta quello che è: la consapevolezza di base, che è sempre presente,che è il vero contenitore di tutte le nostre esperienze. Sullo schermo ci sono personaggi, eventi, luoghi e tempi, ma lo schermo in sé non è segnato da tutte queste vicende.
Assiste, testimonia, è consapevole dei fatti. Ma ne resta al di fuori.
Questa consapevolezza, questa presenza, al di fuori del tempo, dello spazio e della mente, è lo spettatore che a un certo punto si ricorda di assistere a un film. E che capisce di non farne parte.

Per coglierla non c’è bisogno di compiere grandi sforzi, non c’è bisogno di fede: basta ricordare, basta guardare bene. Ci si sveglia quando si guarda così, e ci si addormenta quando la mattina ci si sveglia e si crede di essere il personaggio che recita, l’io persona.

L'infelicità della fede

La fede in un Dio Provvidenza è come la droga. Ti dà sul momento una certa felicità.

Ma è felice il drogato?
È felice nel momento in cui si droga, ma, non appena finisce l’effetto, ricade nella disperazione.

mercoledì 22 luglio 2015

La conversione dell'uomo

Come ho detto prima, staccarsi da sé, dalle proprie paure, dai drammi personali, ed imparare a non essere solo protagonisti, ma anche spettatori, è questo che può fare dell’uomo la forza vincente della natura, l’ “erede delle cose divine”, il nuovo testimone in base al quale cambierà la disposizione del mondo.
Il testimone infatti, la presenza consapevole, è ciò che determina da una parte il soggetto e dall’altra l’oggetto. Ma per ora l’uomo è stato solo un figlio in balia di forze superiori, una vittima, un infante irresponsabile. Come succede nella crescita naturale, bisogna staccarsi dal padre e assumere su di sé questa funzione.
In tal senso, le fedi tradizionali nel Dio Padre sono deleterie: ancorano l’uomo ad una posizione filiale, anzi servile, e gli impediscono di assumere su di sé la responsabilità dello sviluppo del mondo.

L’uomo, dopo essere stato il prodotto dell’evoluzione, deve prendere in mano l’evoluzione. E questo può farlo se abbandona le vecchie credenze nella Provvidenza divina e capisce che può contare solo sulle proprie forze. Deve operare una conversione dalle energie esterne alle energie interne. Cambiare se stesso per cambiare il mondo.

La virtù della calma

Se mantieni la calma, allora hai già vinto – non per l’effettiva vittoria in ciò che stai facendo, ma perché, anche se perderai, non avrai perso la cosa più importante: il tuo essere presente a te stesso, la tua dignità.
Se mantieni la calma nei peggiori momenti di ira, di confusione e di agitazione, quando tutti corrono impazziti, allora avrai vinto te stesso.
Tutto si può fare con calma, tutte le prove più difficili della vita, anche quell’ultima grande prova che è la morte.
Infuriarsi, farsi prendere dall’ira, dall’agitazione e dal panico significa uscire da sé, smettere di essere se stessi per diventare un fuscello sbattuto qua e là dal vento, in preda a forze istintuali o naturali. E quindi perdersi.
Mantenere la calma - che non è una virtù divina, ma ultradivina, post-divina - non significa non avere reazioni, ma incanalare l’energia nella direzione necessaria alla soluzione del problema che ha provocato la crisi. Dunque, significa diventare più lucidi, più rapidi, più efficaci.

Il samurai sa quando deve riposare ed accumulare energia, e quando deve scatenare la sua forza, non in un impulso d’ira, ma in una liberazione dell’energia ormai incanalata e diretta in modo sapiente sull’obiettivo giusto. 

La cattiva fede

Non esiste un Dio che protegga il mondo e l’esperimento umano. L’uomo è solo e può contare solo sulle sue forze: di questo dobbiamo renderci conto. Nessun Dio è mai sceso sulla Terra a salvare popoli che venivano sterminati. E quando succede qualche cataclisma naturale, nessun Dio allunga la mano dalla nuvole per aiutare le persone in pericolo.
La credenza in un Dio protettore è nociva, perché induce gli uomini a non prendere coscienza della loro reale situazione, della loro precarietà, del fatto che possono sparire da un momento all’altro. Contano su una mano provvidenziale che non è mai esistita, che è una pura illusione. E non si preparano.
Potrebbero far qualcosa per proteggersi solo se prendessero coscienza che sono soli e indifesi.
In tal senso si può recuperare il messaggio cristiano, non come fede in un Dio Padre, ma come manifesto dell’ateismo. Del resto, lo stesso Gesù non è stato aiutato. L’uomo deve aiutare il prossimo non perché lo vuole Dio, ma perché quel Dio non esiste.
Dobbiamo farlo urgentemente perché il tempo stringe, e le illusioni sono finite.

Il mondo è imperfetto e nasce da caos e violenza, non da una mente illuminata. Sta all’uomo prendere in mano la situazione. Nessun altro lo farà al posto suo.

martedì 21 luglio 2015

Bolle d'aria

L’aria ha la stessa composizione in tutto il mondo. E sembra essere qualcosa di fragile e di evanescente. Eppure, una bolla d’aria calda o fredda può permanere per giorni o settimane su un territorio, devastandolo. Eppure, una bolla d’aria può bloccare un intero impianto tecnico.
L’aria è uguale dappertutto. Ma quante configurazioni può assumere. E quanti cambiamenti può subire da parte dell’uomo e della natura.
Può essere isolata in un palloncino e assumere una determinata configurazione. Ma, quando il palloncino si sgonfierà, ritornerà ad essere quella che era fin dall’origine.
Così fragile, l’aria è così potente. Che cosa può fare il singolo per fermare il caldo o il freddo? E non ha nessuna importanza che sia buono o cattivo, santo o peccatore: deve subire.
L’unica cosa che può fare è cambiare le proprie reazioni.

L’aria, come la consapevolezza, è dappertutto. E assume varie forme. Ma alla fine …

La meditazione del riposo

Se sei stanco, se ha sonno, se non hai voglia di far nulla, nemmeno di concentrarti, non ti preoccupare: anche questa può essere una potente forma di meditazione. Mettiti tranquillo su una poltrona o su un letto, e lasciati andare al riposo e alla tranquillità. Addormentarsi è una grande gioia, come mangiare o fare l’amore, ma in forma più sottile.
Prima però di lasciarti andare al sonno o all’assopimento, osserva come il tuo organismo psicofisico entri nella fase del riposo. Prima il corpo si distende e i muscoli si rilassano. Il cuore rallenta, la respirazione si calma e si fa più lenta e più lieve. E poi anche la mente dismette le preoccupazioni, le paure, i pensieri e le attività e abituali, ed entra in una fase di distensione, come un fiume che, dopo rapide e cascate, si allarghi a poco a poco a proceda calmo e placido nella pianura. L’immaginazione lascia perdere le operazioni ordinarie e finisce per concentrarsi su qualcosa di piacevole.

Puoi apprendere parecchio dalla fase che precede il sonno. E puoi capire come anche la morte possa essere, in quanto lasciarsi andare al sonno eterno, una grande gioia.

L'atteggiamento contemplativo

L’atteggiamento contemplativo è presente in maniera maggiore o minore in tutti, anche in persone che non sanno niente di meditazione. Prendiamo per esempio questo brano della giornalista Natalia Aspesi, del 4 luglio 2003 (“Il Venerdì”):
“Staccarsi da sé, dalle proprie paure, dai drammi personali, dal vuoto che sembra inghiottirci, per guardare un volo di rondini o visitare un antico borgo pieno di storia. Io credo, personalmente, che si debba imparare a non essere protagonisti, ma solo spettatori, provare curiosità, lasciarsi sopraffare da emozioni che non riguardano solo noi ma il mondo, dimenticarsi di sé eppure sentirsi più vivi che mai…”

Un maestro di meditazione, al di là dei tecnicismi in cui si esprime di solito, non avrebbe potuto dire meglio.

lunedì 20 luglio 2015

La mente innovatrice

Siamo abituati a basarci sulle esperienze del passato come criterio di accertamento. Ma anche le esperienze devono essere superate e rinnovate. Quindi, più che sulle esperienze, dobbiamo basarci su nuove sperimentazioni. Non basta riformare il vecchio, dobbiamo ridefinirlo.
Noi siamo convinti di tante cose, che in realtà sono solo apparenze o addirittura false esperienze. Tutti per esempio erano convinti che il sole girasse intorno alla Terra, finché…
Analogamente, tutti siamo convinti di essere un io separato e delimitato. Ma in realtà tutto ciò che percepiamo, sentiamo e conosciamo, è una nostra sensazione, non qualcosa di esterno. Il tavolo fa parte di noi, esattamente come la luna. Sono tutte nostre sensazioni. Siamo noi che distinguiamo concettualmente un dentro da un fuori, un io da un non-io, un sé dalla materia, noi dal mondo.
Dobbiamo invece renderci conto che queste distinzioni sono semplici definizioni mentali e che tutto che sperimentiamo è una nostra esperienza, non qualcosa messo là fuori. Il tavolo è dentro di me, è me; così come la luna e la volta stellata.
Non c’è limite a questo mio “me”.
Io sono tutto. È a questa nuova consapevolezza che dobbiamo arrivare. Dobbiamo cambiare anche le vecchie esperienze. E risvegliarci al nuovo universo, tutto permeato di una stessa “sostanza”, quella di cui siamo fatti anche noi.

Tutto è presenza consapevole. Non esiste nessun soggetto distinto dagli oggetti. Tutto è un unico soggetto. E noi lo siamo.

domenica 19 luglio 2015

Il mare della mente

Se tutto è mente, perché le cose sono distinte?
È un po’ come il mare. Il mare è sempre mare, ma il Mar Mediterraneo è diverso dal Mare del Nord, il mare vicino alla costa è diverso dal mare profondo, e ci sono correnti e vortici che lo differenziano.
Questa apparente differenziazione è ciò che dà vita all’io e al mondo – e purtroppo alla sofferenza.
Esistono due grandi correnti nel mare: la corrente della differenziazione e la corrente della riunificazione. Ma tutto è mare.

Tutte le cose sono variazioni di un unico mare, che è la nostra stessa mente.

La mente universale

Noi pensiamo che la mente sia una specie di centralina incentrata sull’io. Ma non è così.
Tutto ciò che conosciamo è mente. E noi non conosciamo che la mente. Non ci sono oggetti al di fuori della mente, La sedia, l’albero, l’uccello e la nuvola non sono che mente.
Noi crediamo di conoscere oggetti esterni. Ma tutto ciò che percepiamo, sentiamo e vediamo è mente. Senza mente, non ci sarebbe nessuna percezione, nessuna conoscenza, nessuna esperienza. La mente è tutto: ciò che conosce è mente – ma anche ciò che viene conosciuto.
L’attività mentale non è qualcosa chiuso in una scatola cranica, ma la totalità della nostra esperienza, compreso il corpo e il mondo. L’intero universo è la nostra mente.
Niente mente, niente universo.
Nel momento in cui siamo consapevoli, siamo l’universo.
Proviamo l’esercizio: il tavolo che vediamo è mente, la persona che vediamo è mente, il sole è mente… Fin dove arriva la nostra conoscenza, lì è la nostra mente.
C’è una cosa che è più veloce della luce: la mente. Se la luce del sole impiega tre minuti e mezzo a raggiungere i nostri occhi, la nostra mente sperimenta il sole istantaneamente.
Se cambiamo il modo di percepire una cosa, in realtà cambiamola cosa. Noi siamo il tutto. Tutto ciò che conosciamo siamo noi.


La palla al piede

Renzi dichiara che nel 2016 varerà la legge sulle unioni civili e subito la Chiesa si mette di traverso, dicendo che non è una priorità.
Ma per la Chiesa le riforme sociali non sono mai una priorità, perché si oppone a ogni tipo di riforma, ad ogni cambiamento che possa allentare la sua presa sulla società. Questo è appunto il significa del termine “reazionario”, opporsi ad ogni novità.
Qualcuno ha calcolato che soltanto rendendo legale la prostituzione e la cannabis, lo Stato potrebbe incassare 10 miliardi di euro.
Quanto ci costa la nostra cultura reazionaria e bigotta di origine cattolica? Non ci sono solo i costi diretti dei preti, delle chiese, delle scuole private, dei viaggi papali, degli insegnanti di religione, degli oratori e delle infinite evasioni fiscali della Chiesa, ma anche i costi indiretti dell’immobilismo e della mancata modernizzazione del paese.

Dal che si vede quale sia la vera palla al piede (anzi, allo stivale) dell’Italia.

sabato 18 luglio 2015

Il gioco degli dei

Cerchiamo il nostro sé come se si trattasse di un nucleo solido. E ci meravigliamo di non trovarlo.
Ma in realtà questo sé duro e stabile non esiste. Noi siamo come ologrammi dotati di autocoscienza. Siamo maschere (“persone”) sotto cui non c’è un volto. (E, se ci fosse, sarebbe peggio, perché non potremmo cambiarlo.)
Siamo immagini del cinematografo degli dei. Gli dei proiettano immagini per il loro spasso e le fanno muovere. E, per divertirsi di più, le creano autocoscienti, mettendosi a ridere quando le vedono sforzarsi inutilmente di ritrovare se stesse, la propria vera natura.
Al nostro centro c’è un nucleo vuoto: per forza, non troviamo nulla.
Cercate sopra e sotto, dappertutto… non troverete mai il vostro sé.
Allora fermiamoci, prendiamo coscienza e possesso di questo nucleo vuoto, e togliamo agli dei ogni motivo di divertimento.

Gli dei torneranno ad annoiarsi e abbandoneranno il loro gioco scemo. Ma, siccome anche loro non sono che immagini, l’intero gioco si dissolverà… in un istante. E in un istante ci libereremo, scoprendo che eravamo noi stessi a proiettare mondi, uomini e dei.

IL valore della vita

“Siate fecondi e moltiplicatevi…”: detto così, sembra un obbligo. In ogni caso, una mentalità da allevatori.
Ma nessuno è mai riuscito a dimostrare che essere sia meglio di non essere.
Ognuno ha una propria esperienza della vita, e c’è chi soffre troppo. Queste persone non sentono il bisogno di riprodursi, di mettere al mondo altri individui con eredità molto probabilmente negative.
E vanno rispettate. C’è chi affronta la vita senza pensarci molto, seguendo gli istinti. E sicuramente si riproduce.
Ma chi non si riproduce esprime un giudizio implicito. Per lui, la vita non vale la pena, il gioco non vale la candela.

Insomma, siamo tutti diversi. E non esiste un obbligo a riprodursi. Non siamo greggi di pecore. Ma individui.

A sua immagine

Quando diciamo che Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, sembriamo presuntuosi.
Ma, poi, vedendo con quanto violenza è stato creato il cosmo, ci ricrediamo. Sì, assomigliamo veramente al Dio dinamitardo.

Infine, osservando l’imprecisione, il pressapochismo e la disorganizzazione del tutto, concludiamo che Dio doveva essere italiano.

I creduloni

Le truffe di una volta non ci sono più. Adesso, nelle Marche, ad Auditore, una Madonnina lacrimava sangue; il sindaco, un ex-poliziotto, ha fatto fare le analisi e si è scoperto che è sangue di capriolo.
Almeno avessero usato sangue umano. Che cosa sarebbe successo? Sarebbe nato un nuovo luogo di culto. Si sarebbe gridato al miracolo. Ma oggi sono tutti più sciatti, poco seri anche nelle truffe religiose.
Imparino da chi ha architettato la truffa della Sindone. Lì hanno proprio utilizzato un corpo umano – se non hanno ammazzato qualcuno a tale scopo.

Comunque, per la cronaca, ad Auditore erano già accorsi tantissimi fedeli. C’è gente che è sempre pronta a credere… a qualunque cosa.

venerdì 17 luglio 2015

Essere testimoni

In questo preciso momento, mentre leggi queste parole, renditi conto della tua situazione. La tua mente è attiva e formula pensieri, mentre il mondo esterno sembra sparire.
Renditene conto e fai un passo indietro. Anziché essere il produttore dei pensieri, diventa colui che osserva la tua produzione di pensieri.
Quando lo fai, la mente smette di produrre pensieri e diventa solo una testimone.
Ripeti l’esercizio più volte.
Cerca di risiedere il più a lungo possibile in questa consapevolezza.
E sii consapevole della consapevolezza.
È così che si disattiva la febbrile attività mentale e si dimora in uno stato di distacco e di calma.

Sii pura presenza mentale.

L'uomo interiore

“Potrei essere rinchiuso nel guscio di una noce e sentirmi re di uno spazio infinito…” dice Amleto. E conclude: “… se non mi turbassero brutti sogni.”

Già, una volta diventati pura mente, puri spiriti, dobbiamo difenderci dai pensieri cupi, senza nessun ancoraggio al corpo. Il dualismo prosegue.

La parola e il silenzio

La parola che non si nutre del silenzio interiore e della riflessione profonda è senza vita. E non ha la capacità né di convincere né di comunicare.

In vacanza

“Vacanza” viene da vacuum (vuoto).

Dunque, e vuoi davvero andare in vacanza, lascia a casa non solo le tue vecchie abitudini, ma anche la tua vecchia mente.
Puoi farlo anche a casa tua.

La violenza della verità

In certi casi, la verità è solo un’opinione imposta dai più violenti.
Non a caso si dice “aver ragione” per indicare l’atteggiamento di chi impone qualcosa non con la forza della ragione, ma con la violenza.

Bisogna saper distinguere tra la verità imposta con la ragione e la verità imposta con altri mezzi, per esempio la propaganda o la forza militare.

Cogliere la trascendenza

Pensi a Dio e salta fuori il Diavolo. Pensi al bene e salta fuori il male. Pensi alla vita e salta fuori la morte...
Non c’è niente da fare: la mente umana è dualistica, e quindi la realtà che ne è la proiezione.

Impara a usare la non-mente se vuoi cogliere la trascendenza.

giovedì 16 luglio 2015

Riacquistare la vista

Un cieco dalla nascita che riacquisti la vista, non vede le cose come le vediamo noi, perché la sua mente non è stata allenata a vedere. Deve imparare a dare delle coordinate e un senso a ciò che vede. Infatti, nel vedere c’è una grande elaborazione mentale.
Vedere non è automatico, ma c’è dietro un lungo processo di educazione. Ciò che vediamo è sempre un prodotto complesso di percezioni e cognizioni mentali.
Distanze, forme, colori, rapporti, prospettive e significati non esistono in natura. Sono prodotti mentali.

Di questo dobbiamo essere coscienti se vogliamo dare un nuovo senso a ciò che vediamo.

La dignità dell'uomo

Inginocchiarsi, umiliarsi, implorare, pregare il potente.
Un individuo che si comporta così, voi direste che non ha dignità.
Eppure è questo che insegnano le religioni: a non avere dignità.
Anche se otteneste qualcosa, stareste poi al servizio di questo potente senza un minimo di stima e di autostima. Un servo, uno schiavo.
Vi pare che ne valga la pena? Un individuo senza dignità, che persona è?
Adesso guardate un Buddha in meditazione. Non si prostra, non si piega, non supplica, non piatisce… sta consapevole ed eretto a rivendicare la propria vera natura, la propria eredità di essere umano realizzato. Che differenza rispetto ai tanti santi piagnoni che si sentono in dovere di umiliarsi e di chiedere la carità al potente.

In meditazione, noi insegniamo ad avere dignità, fierezza, forza e coraggio. Succeda quel che succeda, noi salviamo la nostra nobiltà.
Se voi foste un potente, da chi preferiste essere circondati? Da melliflui e viscidi servi senza dignità o da uomini dotati di personalità e di spina dorsale?

L'ideologia dei conigli

Quando qualcuno ha sette, otto, nove o dieci figli, state pur certi che è un seguace di qualche religione.
Non è propriamente uno stupido. Ma è uno che ha rinunciato ad usare la propria testa. Si affida a quella che ritiene la volontà divina (e che è la volontà di qualche individuo squilibrato).
Al di là di ogni considerazione sulla sovrappopolazione della Terra e sulla limitatezza delle risorse, questo uomo pieno di fede non crede che nella volontà divina ci sia la moderazione o il buon senso.
In realtà è un seguace della volontà di potenza, evidente al fondo di tante religioni – che vogliono conquistare il cielo e la terra.
Anche l’ideologia fascista pensa che il numero sia potenza.

Noi siamo più per la specializzazione: pochi ma buoni.

La mente creatrice

Vediamo bene che esistono milioni di pianeti o troppo caldi o troppo freddi, oppure entrambe le cose. Milioni di pianeti senza un microbo di vita.
E si capisce che la mente creatrice non era poi tanto equilibrata: non era quella di un mirabile Architetto né di un insuperabile Orologiaio. Semmai di un Dinamitardo.
Dappertutto assurdità e sprechi irrazionali. È come se qualcuno, per uccidere una pulce, facesse esplodere una bomba atomica.
Non una grande mente. Ma una mente rozza e abborracciata.

E a questa mente vorreste affidare l’amministrazione dell’universo? Io non gli affiderei nemmeno l’amministrazione del mio condominio.

mercoledì 15 luglio 2015

Illuminazioni

Momenti di particolare chiarezza mentale, di eccezionale presenza mentale e gioia. Momenti in cui usciamo dall’abituale stato di sonnambulismo, dallo stato di semi-coscienza, per vedere con nettezza le cose.

Vedere direttamente, non interpretare con il linguaggio.

L'ultima lezione

Di ogni cosa si può fare a meno, di ogni cosa ci si può spogliare. E, da ultimo, anche del proprio io.

Questa è la lezione della morte.

Antiche certezze

Dice una massima vichinga che ci sono nuove scoperte che ci attendono.

Basta alzare gli occhi al cielo e lasciar cadere le antiche certezze.

Curare la salute

Curiamo giustamente la salute fisica.
       Ma c’è una salute che non sia psico-fisica?
Quando ti preoccupi, ti preoccupi con tutto il corpo; quando gioisci, gioisci con tutto il corpo. In ogni caso, si modificano i muscoli, la respirazione, la composizione del sangue, gli ormoni, ecc.
Anche un singolo pensiero modifica il corpo. Non è pensabile fare alcunché senza la partecipazione dell’intero organismo. fisico e mentale.

Cura dunque la salute. Ma fa’ in modo di curarla integralmente.

L'ascolto

Naturalmente per ascoltare gli altri bisogna provare interesse per loro.

Ma com’è possibile ascoltare gli altri se prima non si sa o non si vuole ascoltare se stessi?

L'età dell'oro

Non c’è una caduta da una mitica età dell’oro.
C’è un lento processo di evoluzione dall’imperfetto, dal primitivo, dall’indifferenziato verso il sempre più complesso e consapevole.

Non c’è una perfezione da cui decadiamo, ma un’uscita dal primordiale. Il cosiddetto male è in realtà il non-evoluto. La macchina per scrivere non è un computer decaduto, ma una macchina più primitiva del pc.

La capacità di adattamento

Vivere è come guidare un’automobile. Non si può tenere sempre la stessa andatura, ma bisogna adattare la guida alla strada.

Miracoli e prodigi

Certi presunti miracoli sono prodotti dalle risorse nascoste della mente, non da Dio. La dimostrazione?

Nessuno è mai guarito da malattie che mettano fuori uso la mente.

Il demone del bene

Ci sono persone che vengono prese dal demone del bene esattamente come altre vengono prese dal demone del male: preti, missionari, volontari, ecc.
Sempre di squilibrati si tratta.

Quando si capirà che il bene è pericoloso almeno tanto quanto il male e che l’azione giusta è quella che si pone al di là del bene e del male?

martedì 14 luglio 2015

La meditazione teista

Ascoltavo alla radio un prete cattolico che pratica la meditazione zen.
Non c’è niente di male. Ma va ricordato che la meditazione è uno spogliarsi di ogni sovrastruttura mentale e fare esperienza dell’essere puro e semplice.
Ora, niente ci vieta di considerare l’essere fondamentale come Dio. Già nelle Unpanishad si pensava che il punto più profondo del nostro essere individuale coincidesse con il Brahman, con la Divinità.
Ma questa Divinità non è identificabile con nessuna idea della mente. È al di là del pensiero umano e non è racchiudibile in definizioni, dogmi o fedi.
Non ha dunque nulla a che fare con il Dio di questa o di quella religione. Non ha inviato né profeti né salvatori e non ha fondato Chiese. E non si è fatto uomo per poi morire e risorgere.
Non ha bisogno né di farsi uomo né di farsi qualche altro essere per il semplice fatto che ha già dato vita a tutto.
È come il sole che irradia la sua luce senza bisogno che qualcuno lo preghi.
Attenzione, quindi. Con la meditazione teista noi ci rivolgiamo ad un Dio per chiedergli qualcosa. Con la meditazione orientale noi ci rivolgiamo all’essere, prima nostro e poi generale.

D’altronde, anche nella mistica cristiana si riconosceva che la miglior preghiera consistesse semplicemente nello stare alla presenza di Dio, senza chiedere nulla, senza usare parole, con la mente vuota.

lunedì 13 luglio 2015

Storie di ordinaria follia

In questa estate soffocante, basta poco per far esplodere la follia che cova in fondo a molte persone. Basta una lite stradale, uno sgarbo, una parola mal detta, un vicino maleducato, ecc. e qualcuno prende la pistola e fa una strage.
Tra crisi economica, crisi climatica, crisi politica e crisi personali, la gente impazzisce per un nonnulla – ma, evidentemente, era la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Certo, ci sono situazioni che ci esasperano, ed è facile perdere il controllo… a meno che non ci si sia addestrati, primo, a riconoscere i nostri impulsi e, secondo, ad auto-controllarci. Se la meditazione non servisse ad altro, queste due semplici tecniche ne giustificherebbero la pratica. Aggiungiamo l’attenzione a sé e agli altri.
Noi non parliamo di santi, di resurrezioni, di salvatori, di chiese, di sacrifici e di croci… Ne parlano da secoli e non sono serviti a niente, perché lasciano la natura umana così com’è.
Noi parliamo di metodi per conoscere se stessi e per sapersi controllare. L’abitudine a riconoscere i propri sentimenti, le proprie reazioni e i propri impulsi è molto più importante di qualsiasi preghiera. E l’abitudine a fare qualche respiro profondo, prima di agire e stare attenti a ciò che passa dentro di sé e dentro gli altri, è un vero toccasana.

Basta poco. Ma ci vuole un’educazione e una pratica che andrebbero insegnate fin da bambini.

domenica 12 luglio 2015

Gli incendiari

I fondatori delle religioni di massa sono stati i grandi incendiari del mondo. Se la Terra è ridotta così male, lo dobbiamo proprio a loro. Hanno acceso le velleità dei popoli e li hanno lanciati in campagne di conquista.
Hanno innescato la lotta del bene contro il male, della verità contro l’errore, del proselitismo e dell’espansionismo. Cosicché il mondo è dilaniato come non mai e in preda a una febbre che sta distruggendo il pianeta.
I risultati sono sotto i nostri occhi. Qualcuno conterà i loro seguaci e concluderà che sono dei vincitori. Ma costoro hanno infiammato la Terra creando contrasti senza soluzione. Ebrei, cristiani ed islamici sono ancora lì a fare e farsi la guerra per il predominio.
Sono loro i grandi criminali della storia, confusi impostori che hanno santificato la guerra.
Diceva bene il Tao Te Ching: “Quando per la prima volta si riconobbe il bene, si ammise il male.
I grandi incendiari posero l’umanità su una strada sbagliata. Non capirono che è meglio fermarsi che riempire, che non c’è torto più grande del desiderio di ottenere, che il diminuire e il non-agire sono la più grande forza, che il guadagnare è peggiore del perdere, che più lontani si va meno si capisce, che la quiete è ciò che domina l’agitazione.

Non capirono che la via consisteva nel raggiungere il vuoto estremo e nel conservare una rigorosa tranquillità.

venerdì 10 luglio 2015

Distendere la mente

La mente come centro dell’organismo psico-fisico è un nodo di tensioni. Pensare è sempre protendersi e tendersi.
Dunque, per prima cosa, percepiamo questa tensione a livello di testa, di occhi, di bocca, di mascella, di muscoli del viso, di narici, di fronte, di cervello… Chiudere gli occhi e sentire tutto questo.
Adesso, la tensione è davanti a noi, sia a livello fisico sia a livello mentale. Ma noi possiamo lasciare questo primo schermo e scendere più in fondo, là dove siamo consapevoli della tensione. Scendiamo a livello del testimone delle attività mentali che ci tendono.
Rilassiamoci il più a lungo possibile in questa posizione. Prendiamo le distanze dalla mente ordinaria, con le sue ansie e le sue preoccupazioni.
A poco a poco ci rendiamo conto che il testimone non è più un io separato, un soggetto che si contrappone agli oggetti. Ma un tutto unico.
Il sé consapevole e le cose sono un insieme indiviso, in cui in un secondo momento la mente distingue chi conosce da ciò che è conosciuto.
Esiste come un presupposto, una “sostanza”, un collante per cui le cose possono essere conosciute, possono cioè aderire intimamente e interagire fra loro.

A livello teorico, questo ci dà un’enorme possibilità di intervenire sul nostro destino. Ecco perché questo esercizio è così importante.

giovedì 9 luglio 2015

Miracoli d'amore

Quando ci innamoriamo, ci pare di riunire due pezzi separati (come nel mito platonico), ci pare di essere tutt’uno con la persona amata e per un po’ siamo beati.
Ma in verità ogni esperienza è una specie di miracolo d’amore. Nel momento in cui entriamo in contatto con l’altro, in quel preciso istante non c’è la distinzione tra soggetto e oggetto, tra chi conosce e ciò che è conosciuto.
Solo quando classificheremo l’esperienza – un attimo dopo -, incominceremo a fare questa distinzione: “Io conosco quello”.
La conoscenza, però, la possibilità di conoscere qualcosa, è già la conseguenza di un’unione, di un’intimità, di una comune coappartenenza.
In ogni istante noi siamo un pezzo di essere che è unito ad altro pezzo di essere. Facciamo sempre l’amore con il mondo.
A posteriori ci sembra di essere un io che conosce un “altro da sé”. Ma a priori l’io e l’ “altro da sé” erano già uniti, erano un tutt’uno.
Dunque, anziché cercare la pace e la felicità nell’altro, ritroviamo l’esperienza di coappartenenza con l’altro – che è già amore.
Quando siete in vacanza, in un ambiente che vi ispira, provate a verificare questa coappartenenza: voi siete un tutt’uno con il mare, il cielo, la montagna, il lago o la montagna.
Provate a dismettere l’ego che dice: “Io sento, io penso, io godo…”.
Forse non lo sapete, ma si tratta di una piccola esperienza mistica.
Più ti rilassi, più accantoni il tuo io, più puoi amare.


Il sobillatore

Da qualche giorno godiamo, in campo religioso, di una relativa pace mass-mediatica. Sì, il Papa se ne è andato in America Latina a compiere il suo lavoro di infiammazione delle masse. Quindi i nostri giornali si devono moderare: le notizie sulle adunate oceaniche ci arrivano attutite. Le televisioni e le radio non ci infastidiscono ogni mezz’ora per raccontarci le ultime gesta del grande Bergoglio.
Ma, ahimè, la tregua durerà poco. Il nostro animatore di villaggi mediatici ritornerà presto a Roma dove ha già indetto un Giubileo con il proposito di riscaldare ancora di più questa terra disgraziata – che avrebbe bisogno invece di tranquillità. E si salvi chi può.

Chi può trovi un luogo di pace e di silenzio dove non arrivi il fracasso delle adunanze religiose.