Quando
il buddhismo arrivò in Cina fu considerato una setta del taoismo. Ma ben presto
ci si accorse delle differenze: mentre i taoisti cercavano un corpo immortale,
i buddhisti tendevano a liberarsi di tutte le forme corporee; mentre i taoisti
riducevano al minimo la respirazione e cercavano di agire sulla circolazione e
sulla trasformazione del respiro interiore per ottenere la longevità e
l'immortalità, i buddhisti cercavano il controllo della respirazione e il
distacco dalle funzioni corporee - e non erano interessati all'immortalità del
corpo.
I taoisti ricorrevano a pratiche
alchemiche e a metodi per rafforzare l'energia interiore che avevano lo scopo
di rendere il corpo immortale. Una volta ottenuto questo risultato, erano
convinti di potersi innalzare fino al cielo e di vivere per sempre.
Queste idee ci ricordano quelle del
cristianesimo, non solo nel mito dell'ascesa al cielo di Gesù, ma anche nella
fede sulla resurrezione e dunque sull'immortalità dei corpi.
San Paolo e i primi cristiani credevano
proprio che un bel giorno sarebbe arrivato Gesù e che tutti si sarebbero
innalzati al cielo. "Ecco, io vi annuncio un mistero" scrive san
Paolo nella prima lettera ai Corinzi: "non tutti, certo, moriremo, ma
tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono
dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti
e noi saremo trasformati."
Naturalmente si tratta di sogni e di
miti; ma anche nei miti si trova un fondo di verità. In fondo l'ideale dei
taoisti e dei cristiani è quello puerile di tutti gli uomini: non morire mai o,
per lo meno, ricuperare un giorno il proprio corpo, reso finalmente
incorruttibile e immortale.
Un bel sogno, non c'è che dire. Rovinato
da un particolare: che tutti dobbiamo morire, spesso dopo una vecchiaia che ci
distrugge a poco a poco il corpo e la mente. Ma la speranza è l'ultima a morire
ed ecco allora l'idea di un corpo almeno spirituale, magari quello che abbiamo
avuto intorno ai trent’anni (ma chi è morto prima? e chi ha un corpo deforme?).
Solo l’Oriente buddhista e vedantico afferma
che anche questa è una pretesa infantile e che la liberazione finale è proprio
il distacco non solo dal proprio corpo
ma anche dalla propria mente e dal proprio io.
Morire è ricongiungersi con il tutto, non
conservare una propria fetta di individualità.
Chi avrà visto più lontano?
Gentile Lamparelli,
RispondiEliminama nel confronto di cui sopra, include anche il taoismo cosiddetto filosofico, rappresentato principalmente da Lao Tsu, Chuang Tsu e Lieh Tsu? Sempre un grazie in anticipo, per una Sua eventuale risposta...
Mi riferivo più al taoismo popolare, che è certo meno elevato di quello filosofico.
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