venerdì 30 agosto 2019

Taoismo, buddhismo e cristianesimo


Quando il buddhismo arrivò in Cina fu considerato una setta del taoismo. Ma ben presto ci si accorse delle differenze: mentre i taoisti cercavano un corpo immortale, i buddhisti tendevano a liberarsi di tutte le forme corporee; mentre i taoisti riducevano al minimo la respirazione e cercavano di agire sulla circolazione e sulla trasformazione del respiro interiore per ottenere la longevità e l'immortalità, i buddhisti cercavano il controllo della respirazione e il distacco dalle funzioni corporee - e non erano interessati all'immortalità del corpo.
       I taoisti ricorrevano a pratiche alchemiche e a metodi per rafforzare l'energia interiore che avevano lo scopo di rendere il corpo immortale. Una volta ottenuto questo risultato, erano convinti di potersi innalzare fino al cielo e di vivere per sempre.
       Queste idee ci ricordano quelle del cristianesimo, non solo nel mito dell'ascesa al cielo di Gesù, ma anche nella fede sulla resurrezione e dunque sull'immortalità dei corpi.
       San Paolo e i primi cristiani credevano proprio che un bel giorno sarebbe arrivato Gesù e che tutti si sarebbero innalzati al cielo. "Ecco, io vi annuncio un mistero" scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: "non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati."
       Naturalmente si tratta di sogni e di miti; ma anche nei miti si trova un fondo di verità. In fondo l'ideale dei taoisti e dei cristiani è quello puerile di tutti gli uomini: non morire mai o, per lo meno, ricuperare un giorno il proprio corpo, reso finalmente incorruttibile e immortale.
       Un bel sogno, non c'è che dire. Rovinato da un particolare: che tutti dobbiamo morire, spesso dopo una vecchiaia che ci distrugge a poco a poco il corpo e la mente. Ma la speranza è l'ultima a morire ed ecco allora l'idea di un corpo almeno spirituale, magari quello che abbiamo avuto intorno ai trent’anni (ma chi è morto prima? e chi ha un corpo deforme?).
       Solo l’Oriente buddhista e vedantico afferma che anche questa è una pretesa infantile e che la liberazione finale è proprio il distacco non  solo dal proprio corpo ma anche dalla propria mente e dal proprio io.
       Morire è ricongiungersi con il tutto, non conservare una propria fetta di individualità.
       Chi avrà visto più lontano?

2 commenti:

  1. Gentile Lamparelli,
    ma nel confronto di cui sopra, include anche il taoismo cosiddetto filosofico, rappresentato principalmente da Lao Tsu, Chuang Tsu e Lieh Tsu? Sempre un grazie in anticipo, per una Sua eventuale risposta...

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    Risposte
    1. Mi riferivo più al taoismo popolare, che è certo meno elevato di quello filosofico.

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