Le parole indicano, le parole ingannano:
sono solchi che è difficile non seguire. Ma chi ci dice che incanalino il senso
giusto e la quantità di senso giusto?
Certo, in principio, corrispondono ad esperienze degli uomini. Ma è probabile
che l’umanità non sappia capire la profondità delle esperienze, ridotte poi
alla superficie delle parole.
Roland Barthes diceva che “ogni lingua è
una classificazione e ogni classificazione è oppressiva… La lingua è fascista…
Il fascismo non è costringere qualcuno a tacere: è costringerlo a dire.”
In generale, ha poco senso dire che
capiamo il senso delle parole o delle esperienze. Dobbiamo aggiungere il quanto. Quanto comprendiamo? A che
livello?
Purtroppo noi viviamo nel mondo della
superficialità. Non ci rendiamo conto che un uomo veramente profondo non è uno
che appare tutti i giorni in televisione, ma uno sprofonda in se stesso alla
ricerca di nuovi livelli di senso. Anzi, quanto più uno ha facilità di parole,
tanto più si affida alle convenzioni e agli automatismi del vocabolario, della
grammatica e della sintassi.
Il linguaggio è una grande trappola. Dà
l’illusione di conoscere facendoci credere che sotto la superficie non ci sia
più niente. Come se pensassimo che sotto la materia non ci fosse un mondo di
particelle invisibili.
Il tutto è aggravato dal dualismo, per
cui la mente non può pensare se non per contrapposizioni… perdendo il senso
dell’intero.
Ancora una volta viviamo alla superficie
delle cose, sballottati da un senso all’altro, senza capire nulla di
sostanziale.
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