Fare
cose buone, fare del bene, significa essere buoni? Bisogna vedere le
motivazioni: possono esserci motivazioni indegne, per esempio fare del bene per
essere considerati buoni o per ricevere l'approvazione degli altri. Più sottile
ancora è il desiderio di autostima: facendo del bene aumenta la stima che ho di
me stesso.
Abbiamo bisogno di essere considerati o
di considerarci generosi? Abbiamo bisogno di non sentirci in colpa? Abbiamo
bisogno di volere che gli altri dipendano dal nostro aiuto? Abbiamo bisogno di
crederci importanti o potenti? Lo facciamo per "senso del dovere"? Lo
facciamo per motivi religiosi, ossia per ricevere la benedizione del Padreterno
e per garantirci magari un buon posto nell'aldilà?
È chiaro che tutte queste motivazioni non
sono per niente altruistiche e continuano a girare intorno al nostro
egocentrismo.
Insomma, è davvero difficile essere buoni
spontaneamente, senza secondi fini... più o meno egoistici. Purtroppo, la
maggior parte di noi non ha abbastanza consapevolezza per rendersene conto.
Il problema non era affatto sfuggito a
Gesù, che lancia terribili invettive contro gli ipocriti che fanno del bene per
"farsi vedere", per ostentare la propria ricchezza e la propria
"bontà".
Manca però in Gesù il concetto di
consapevolezza, piuttosto estraneo all'intera religione giudaica. E, quindi,
pur condannando gli ipocriti e gli esibizionisti, non è in grado di invitare i suoi
seguaci a fare un esame di coscienza.
Tutt'altra cosa è la cultura buddhista,
ben più sviluppata spiritualmente e psicologicamente, che infatti prevede che
ognuno sappia esaminare prima di tutto le motivazioni delle proprie azioni.
Perché, senza consapevolezza, parlare di bontà è un'impresa impossibile.
Nessun commento:
Posta un commento