Qualche volta ci sembra difficile
meditare perché siamo stanchi e veniamo presi dalla sonnolenza: gli occhi si
chiudono e rischiamo di addormentarci.
Se ci addormentiamo, comunque, non è
il caso di preoccuparsi; può darsi che l’organismo abbia bisogno di sonno.
Possiamo però utilizzare questo stato
a nostro vantaggio. Innanzitutto osserviamo come non si tratti di una
condizione stabile, ma di una necessità psico-fisica che va e viene. Arriva, si
manifesta, vuole qualcosa e poi scompare – una specie di ondata. Se resistiamo,
ci accorgeremo con meraviglia che passerà. Se non ce la facciamo a resistere,
vuol dire che è una necessità naturale.
In ogni caso, possiamo utilizzarla
come una meditazione sulla morte.
Tutti vorremmo morire con calma e con
consapevolezza, quasi senza soffrire. Ma come ci si prepara? Ecco un’occasione.
In fondo, ogni stato del genere è una
specie di anticamera o imitazione della morte.
Notiamo come anche morire possa
essere un cedere, un consegnarsi – non del tutto spiacevolmente – ad una forza
più grande.
Questo stato di abbassamento della
tensione vitale e di appannamento mentale, che arriva come un’ondata, può
essere affrontato in due modi: o immergendosi a fondo per poi risalire quando
l’ondata sarà passata o lasciarsi trasportare dalla sua stessa forza.
In fondo, la natura sa che cosa sia
meglio per noi. E l’ultima parola spetta sempre a lei.
A noi spetta, invece, controllare il
nostro stato d’animo.
Anche addormentarsi, se non siamo
agitati, se siamo tranquilli, è uno dei piaceri della vita. E forse anche morire.
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