mercoledì 29 giugno 2016

Fuggire la noia

Nelle nostre società, fuggire la noia sembra un imperativo categorico. Rimanere qualche minuto o qualche ora senza far niente, senza impegni, sembra uno spreco del nostro tempo.
Per evitare questa condizione, abbiamo inventato ogni genere di passatempo e di divertimento: radio, televisione, computer, cellulari, cinema, chiacchiere, balli, viaggi, feste, libri, giochi… Dobbiamo ad ogni costo riempire il vuoto. Ne parlava già Pascal.
In meditazione ragioniamo diversamente. Non si tratta di fuggire la noia o gli altri stati d’animo che giudichiamo negativi, cercando di cancellarli con i loro contrari. Questo è il solito gioco circolare. Ma si tratta di accettare il fatto che la realtà non può sempre essere piacevole.
Prendiamo dunque coscienza dell’ineliminabilità degli stati d’animo negativi e, anziché cercare di fuggirli con manovre di negazione, di evasione o di evitamento, osserviamoli apparire, permanere per un po’ e poi sparire.
Questa presa di coscienza ci permette di non assumere un semplice atteggiamento repressivo che finirà per farli penetrare sempre più a fondo. Osservarli bene, guardarli in faccia. Questa è la realtà delle cose: l’impermanenza, la dialettica e la ciclicità.
Il piacevole e lo spiacevole, la felicità e la sofferenza, non esistono da soli, ma sono complementare gli uni agli altri.
Tutti cerchiamo la felicità. Ma dobbiamo sapere che può esistere solo in rapporto al suo contrario.
In realtà, la strategia meditativa non si limita ad assistere inerte, ma svolge una funzione omeostatica di riequilibratura: riesce a ridurre le oscillazioni degli stati emotivi, riportandoli verso il giusto mezzo equanime.
Per quanto riguarda la noia, cercare di riempire il vuoto è chiaramente impossibile in un mondo che è fatto di vuoto. Proprio il vuoto sembra essere la natura ultima.

Tanto vale prenderne atto, cercando di sfruttarlo per meditare, ossia per volgere l’attenzione a questo substrato onnipresente di tutto, sostanziato di calma e silenzio. 

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