Molti si domandano se, dovendo
lottare contro i desideri, non rimarrebbe un’esistenza squallida, vuota e senza
senso.
In effetti, non possiamo non nutrire
desideri. Anche l’aspirazione al benessere, alla felicità, alla liberazione, al
risveglio, all’amore o alla salvezza eterna è pur sempre un desiderio. Anche un
vecchio di cento anni ha pur sempre un desiderio, fosse pure quello di vivere
un altro giorno. Anche un suicida ha un desiderio, fosse pure quello di por
fine alla propria sofferenza.
Il desiderio è dunque la forza della
vita. E sarebbe sbagliato cadere nell’ascetismo antico, che consisteva nel
privarsi di ogni minimo piacere. Chi lo fa, perde il rapporto naturale con la
vita e con il corpo, e diventa uno squilibrato, come furono d'altronde parecchi
asceti e mistici.
Il Buddha si sottopose per sei anni
alle austerità in uso all’epoca, riducendosi in fin di vita. E, a quel punto,
scoprì che quella non era la via giusta e che doveva recuperare l’equilibrio,
una giusta via di mezzo tra austerità estreme ed edonismo.
Bisogna avere la saggezza di
discriminare tra desideri sani e desideri malati. I primi sono i desideri
naturali, i secondi sono i desideri della mente malata e avida, che non smette
di volere cose inutili e sempre di più.
Chi rinuncia a inseguire i desideri
del consumismo o di una mente perversa, non si trova vuoto. Al contrario, trova
appagamento e gioia, oltre a tranquillità, presenza mentale e chiara visione.
Noi percorriamo una via che mira ad
una condizione di piacevolezza, seppur di livello superiore ai soliti rozzi
piaceri.
Non ci dimentichiamo infatti che non
esistono solo i desideri sensuali, ma anche quelli dello spirito, ancora più
pericolosi: per esempio l’aspirazione al potere, al predominio, alla supremazia,
al comando, alla fama, agli onori sociali, ad essere primi, ai privilegi, ecc. Così
ci sono persone che rinunciano al cibo, al sonno, al sesso e che si mettono
cilici, ma dentro di loro sono rosi da un atteggiamento di superbia.
Vero concordo pienamente
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