giovedì 19 novembre 2015

La personificazione di Dio

Dice il Dalai Lama: “È illogico solo pregare: i problemi umani non li risolve Dio”.
In effetti, se i problemi li abbiamo creati noi, perché mai un Altro dovrebbe risolverceli? Per esempio, guerre e terrorismo chi li ha creati?
Però, ci sono problemi strutturali che non sono creati dagli uomini, ma che attengono alla natura stessa. Siamo sicuri che la guerra non sia essa stessa la conseguenza di una struttura della natura (o di Dio) che vuole l’evoluzione attraverso lo scontro e la competizione continui?
E se Dio non risolve i problemi che ha creato lui, figuriamoci se risolve quelli creati dagli uomini.
Il fatto è che i credenti hanno personificato una Forza che è impersonale. È un po’ come la luce o l’energia: vi mettereste a pregare la luce o l’energia? E perché Dio sì?
Le religioni sono basate su questa personificazione di Dio: Dio che crea, Dio che si esprime, Dio che comunica con gli uomini, Dio che premia e castiga, Dio che invia profeti, messaggeri, messia e salvatori, Dio che esaudisce i nostri desideri…
In tutte queste immagini, Dio viene sentito come un Essere esterno a noi.
Ma in realtà questa Forza è presente in tutto e in tutti. E non c’è bisogno che invii o comunichi qualcosa; lo ha già fatto. È qui. È in noi. È noi.
E quindi noi non dobbiamo pregarla, così come non dobbiamo pregare il nostro braccio perché si allunghi. Lo allunghiamo e basta.
Questo dobbiamo capire. Non dobbiamo pregare un Dio-Altro, ma essere o agire il divino.
Anzi, proprio perché lo preghiamo, non lo siamo.

Noi siamo il divino che si è alienato personificandosi e che, a questo punto, non si riconosce.

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