È difficile non essere egocentrici – centrati sul proprio ego – perché
l’uomo è proprio l’essere che è più centrato su se stesso.
Anche nella ricerca spirituale o religiosa siamo spesso guidati da
un’immagine idealizzata di noi stessi. Perfino chi si dedica all’aiuto e alla
cura degli altri può farlo per motivi egocentrici: per esempio, per sentirsi
buono e nobile, per sentirsi eroico, forte o altruista, per senso del dovere,
per essere stimato, ecc.
Dobbiamo dunque stare attenti. Quando diciamo che vogliamo trovare il
nostro vero sé, non dobbiamo cadere nella trappola di immaginarlo come un
super-io, un io dotato di virtù e poteri eccezionali.
Non dobbiamo applicare al sé i vecchi schemi mentali che abbiamo
applicato all’io. Il Sé non è un ego potenziato.
Il sé va piuttosto nella direzione opposta dell’io: è meno egocentrico,
meno centrato su di sé, meno attaccato a sé, più impersonale, più centrato
sulla vita.
In fondo, il sé è l’io liberato da se stesso.
Il paradosso è che, per essere più autentici e più aperti, dobbiamo
temporaneamente concentrarci su noi stessi, diventando più consapevoli dei
limiti e delle caratteristiche del nostro io.
Il sé è l’io che si apre ad una tale consapevolezza da dimenticare se
stesso.
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