martedì 4 agosto 2015

Essere se stessi

Ognuno è se stesso e non può che essere se stesso. Ma la cosa tragica è che si crede un altro, non sa chi sia questo se stesso.
Può credersi tutta a vita qualcun altro, perché non conosce se stesso, perché svolge ruoli sociali che lo costringono a “recitare” altre parti, perché gli altri, la società, la famiglia, ecc, gli instillano l’idea che sia fatto in un certo modo, perché, anziché conoscere se stesso, si pensa: pensa di essere invece di essere.
La società non aiuta l’individuo a conoscere se stesso, a stare in contatto con se stesso, perché gli costruisce addosso personalità artificiali e perché non gli permette di restare in intimità con se stesso, ma gli impone continuamente qualche ruolo, qualche dovere.
Se non resterai un po’ con te stesso, lontano da tutti e in silenzio, non saprai mai chi sei veramente; continuerai ad essere una maschera, un prodotto sociale.
Il primo scopo della meditazione è proprio questo: conoscere il proprio vero io.
Il secondo scopo è capire che anche questo io, questa personalità, è comunque un prodotto della mente, perché anche la mente è un prodotto sociale.
C’è un altro io, chiamiamolo sé, che è anteriore alla personalità sociale. È quel soggetto che è sempre testimone, che è sempre presente, che osserva tutto ciò che succede, senza identificarvisi.
Identificazione e disidentificazione sono il movimento della meditazione. Ci si disidentifica con l’io sociale e mentale, e si trova l’identità più profonda che è pura testimonianza.
Questa attività di testimonianza non può essere fatta oggetto di conoscenza mentale, perché è la cornice entro cui avviene ogni conoscenza.

Il nostro scopo è uscire dall’io sociale, uscire dall’io mentale ed essere ciò che è sempre presente.
Prima trovare la propria personalità e poi oltrepassare anche quella, verso quel sé che è sempre meno personale, che è pura testimonianza.

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