Il sé ultimo è individuale o
universale?
La maggior parte di noi non
si fida dell’eternità, dell’immortalità e dell’universalità e preferirebbe una
sopravvivenza del proprio io, magari insieme con mogli, figli, amanti,
genitori, fratelli e così via. Vorrebbe riprodurre nell’aldilà la società attuale.
Ma questa società e lo
stesso io sono legati alla sofferenza, perché comportano la divisione, la
separazione, la lotta, la contrapposizione.
C’è dunque poco da
scegliere.
Ma i più preferirebbero
anche la compagnia della sofferenza pur di sopravvivere individualmente.
Già, ma questo è esattamente
il nostro mondo, è una scelta che abbiamo già fatto.
Sull’eternità, poi, dobbiamo
intenderci: c’è l’eternità come durata infinita del tempo (e quindi dello
spazio) e c’è l’eternità come penetrazione dell’istante, del qui e ora.
“Non preoccupatevi per me
quando morirò, perché sposerò l’eternità” diceva il poeta persiano Rumi. E
aggiungeva anche saggiamente: “Non legate il cuore a nessuna dimora, perché
soffrirete quando ve la strapperanno via”.
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