L’universo nasce da caos e
violenza, forma un ordine (cosmos) per qualche tempo e poi ripiomba nel caos e
nella violenza.
Noi ci troviamo come su
un’isoletta temporanea che sarà comunque, prima o poi, travolta dai frutti.
Dovremmo lavorare tutti insieme per migliorare l’isoletta e per cercarne
un’altra, magari più grande e più sicura. Invece, combattiamo fra di noi, come
naufraghi a bordo di una zattera che lottano per eliminare i più deboli e per
impadronirsi delle loro risorse.
Credere in un Dio protettore
è un diversivo che ritarda la presa di coscienza della nostra precarietà.
Gli uomini devono diventare
consapevoli che devono contare solo sulle proprie forze e che non c’è nessuna
Provvidenza che pensi alla loro salvezza. Il giorno in cui si avvicinasse un
meteorite che avesse la capacità di cambiare in modo apocalittico il clima
della Terra (così come è già successo in passato) non ci sarebbe nessun Dio a
deviarne il corso.
Ci salveremo se provvederemo
per tempo, non se continueremo a pregare qualche divinità e ad aspettarci un
intervento dall’alto.
L’intervento c’è stato
all’origine dei tempi. Da quel momento, tutto è in mano a chi si trova preso in
mezzo.
È proprio la fede in un Dio
protettore, in un Dio che vede e provvede, che rallenta l’evoluzione dell’uomo,
la sua presa di coscienza che è solo e che può contare soltanto su se stesso. Siamo tutti naufraghi nel mare dell'universo.
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