Quando il Buddha dice che le
cose non hanno un’esistenza intrinseca, perché sono tutte interdipendenti, vuol
dire che le cose non sono enti, ma processi.
Noi invece crediamo che le
cose siano entità divise, separate e indipendenti. Tante piccole monadi, l’una
separata dall’altra. E, invece, più scaviamo, più l’identità di questi presunti
enti ci sfugge. Il nostro stesso io, che sembra avere una precisa identità, è
composto da tante identità diverse che s’intrecciano e si alternano, talora in
disaccordo tra loro.
Ma questa mancanza
(“vacuità”) di un nucleo separato e autonomo non è una minorazione. Al
contrario, è proprio il motivo per cui ogni cosa può connettersi con le altre
ed essere (inter-essere) con il tutto.
Se fossimo veri enti, se
avessimo identità rocciose e definite una volta per tutte, nessuna potrebbe
comunicare con le altre e il mondo sarebbe paralizzato, incapace di cambiare e
di evolversi.
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