Talvolta la via della
meditazione sembra confusa. Ma, in realtà, ci sono vari percorsi, che alla fine
conducono alla stessa meta: il risveglio.
Di solito incominciamo con
la concentrazione, che è una forma di chiusura. Ci si concentra su un oggetto,
che può essere il respiro, un mantra, un’immagine, un punto reale o
immaginario, ecc. Questo ci aiuta a restringere il campo dell’attenzione,
eliminando le distrazioni e calmando la mente che è sempre troppo attiva e
dispersiva.
Ma, giunti a questo punto,
dobbiamo riaprire, allargando il campo della consapevolezza alle varie manifestazioni
mentali: pensieri, emozioni, stati d’animo, ecc., e alle varie esperienze.
A questa fase appartiene
anche la meditazione non formale, quella che non si svolge seduta ma che
avviene durante il giorno nelle attività dell’esistenza. Qui dobbiamo capire
noi stessi, come siamo fatti, come agiamo e reagiamo nella quotidianità, quali
sono le nostre convinzioni, le nostre aspettative (più o meno fondate), le
nostre illusioni, ecc. Si tratta di una meditazione analitica.
Ma, infine, dobbiamo
ritornare alla sintesi, alla visione d’insieme, al senso generale dell’essere
presenti, alla consapevolezza di sé, ad esperire l’unità del tutto.
Andate e ritorni, aperture e
chiusure, che devono essere ripetute tutti i giorni, con pazienza, con
determinazione, con forza.
In certi momenti crederemo
di esserci persi, di esserci bloccati, di non avanzare. Ma, in realtà, stiamo
progredendo, magari di un millimetro alla volta. Ci stiamo trasformando, perché
niente è veramente immobile e tutto cambia di continuo.
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