Un tempo per
indicare il valore di un uomo si parlava delle sue qualità, delle sue virtù. Si
diceva per esempio che era generoso, che era buono, che era disinteressato, ecc.
Oggi il metro di misura è quanto guadagna. Tant'è vero che quando si deve
risarcire la morte di qualcuno si fa un calcolo non delle qualità dell'uomo ma
di ciò che guadagnava o che avrebbe potuto guadagnare.
Insomma il
valore è diventato solo quello del reddito, del denaro. Neppure la modestia è
più un valore; ciò che si esalta è il suo contrario: l'arroganza. Ed eccoci al
mondo moderno, dove ogni valore è ridotto a pura valuta. Ma, così facendo,
anche l'uomo è diventato un numero, una merce, qualcosa da comprare o da
vendere, una somma di denaro. Tu quanto vali? Ossia, quanto guadagni?
Sta a noi riportare i valori al loro
contenuto etico, psicologico e spirituale, e cacciare l'economia dall'anima
umana.
Ma è molto difficile, dato che anche le
religioni rientrano nella categoria economico-finanziaria. L'aldilà viene visto
addirittura come un buon investimento; mi devo comportare in un certo modo in
questo mondo per ottenere in cambio qualcosa nell'altro mondo. Si tratta dunque
di essere degli accorti investitori.
Leggiamo per
esempio le parabole evangeliche dove Dio è paragonato ad un amministratore che
chiede conto ai suoi sottoposti di come hanno investito le somme che erano
state loro affidate.
Non c'è niente da fare: se non ci
liberiamo delle categorie mentali economiche, vedremo tutto nella loro ottica
deformante. Ecco perché le fantasie su paradisi, inferni e purgatori rispondono
sempre a questa logica mentale, alla logica terrena della ricompensa, del
guadagno, del dare e dell’avere. Ecco perché non riusciamo a pensare alla
trascendenza, ossia a qualcosa che sia ad un livello superiore a quello cui
siamo abituati nelle nostre società del Dio Denaro.
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