Certo, non dobbiamo
confondere il vivere con il sopravvivere o con il vegetare. C’è una netta differenza. E in genere
tutti finiamo in certi periodi per vegetare, perché abbiamo paura di esporci,
di fallire, di venire delusi, di rischiare, di soffrire. Se non facciamo niente
– diciamo – almeno non soffriremo. Ma non è così. Anche senza far niente, la
sofferenza prima o poi ci colpirà. E avremo perso capra e cavoli.
Non basta però
agitarsi per essere felici. Può essere anche questa una forma di prigionia – il
ballo di san Vito.
No, per essere vivi,
occorre conoscere ciò di cui abbiamo bisogno, la parte veramente vitale di noi
stessi. E che cosa fare per sollecitarla.
Per alcuni la vita
potrebbe essere cambiare di continuo, per altri starsene fermi nella propria
stanza. Per alcuni partire, per altri restare.
Non c’è quindi una
formula fissa, valida per tutti. Gli unici che possono decidere siamo noi – se siamo
soddisfatti o meno, se siamo tesi o meno, se siamo agitati o meno, se siamo infelici
o meno. E poi ci sono le varie fasi della vita, con le loro diverse – e talora
contrastanti – esigenze.
Qualche volta siamo
felici a scalare la montagna, altra volte a contemplarla dal rifugio.
https://goaltwo.blogspot.com/2012/01/10-claudio-caniggia-youre-gonna-know.html
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