Osserviamo come
la gente cammina per strada. Quasi tutti sembrano immersi in fantasie e
pensieri: non si guardano intorno, magari telefonano e soprattutto sono divisi
dall'ambiente che li circonda. La loro mente è occupata come sempre a elaborare
riflessioni, ricordi, speranze, rimuginazioni, dialoghi immaginari, problemi ed
ansie. Può succedere in ogni momento, anche quando siamo a casa, lavoriamo o
guardiamo la televisione. Il corpo è lì, ma la mente è lontana mille miglia. In
quei momenti siamo assenti, siamo distratti, siamo alienati - non siamo
presenti. Può passarci davanti un amico e noi non lo vediamo.
Per meditare bisogna rendersi conto
innanzitutto di questo continuo chiacchiericcio interiore e interrompere le
rimuginazioni, le fantasie, le immaginazioni e i pensieri; bisogna ritrovare il
contatto con la realtà, con il presente, con il qui e ora. In termini tecnici
si dice "recuperare la presenza mentale". Io sono qui in questo
momento, io sto camminando, io osservo senza barriere mentali la realtà che mi
circonda, gli altri e me stesso. Questa è una prima forma di presenza mentale,
il tentativo di uscire dal mondo delle fantasie per recuperare la realtà, l'
"essere", il semplice essere. Come fare?
Un modo semplice è quello di svolgere una
qualche attività fisica che ci rimetta in comunicazione con la natura e con il
centro di noi stessi. Si può camminare, correre, nuotare, andare in bicicletta,
fare ginnastica, yoga, ecc. Per esempio camminare o andare in bicicletta sono attività
vicine alla natura, e dunque ecologiche. Pedalare significa innanzitutto
trovare un atteggiamento mentale adatto alla situazione. Non ci si può
distrarre perché non possiamo dimenticarci di essere in mezzo al traffico e di
essere in bilico su due ruote. Come sempre nella vita, corriamo sul filo del
rasoio e rischiamo di cadere se ci sporgiamo troppo da un lato o dall'altro.
Dunque dobbiamo trovare un nostro equilibrio. Ma trovare l'equilibrio significa
trovare il centro di noi stessi.
Per andare in bicicletta in modo
meditativo non conviene né correre troppo né andare troppo piano. Se correremo
troppo, non andremo lontano e rischieremo di cadere; se andremo troppo piano,
perderemo l'equilibrio e ci fermeremo. Dobbiamo dunque trovare una giusta via
di mezzo che ci permetta di procedere a lungo senza stancarci e senza
bloccarci. Dapprima, per uscire dai labirinti della mente, ci conviene
dedicarci alla contemplazione di ciò che ci sta intorno. Ma poi possiamo
passare alla vera e propria meditazione, spostandoci dall'esterno alla nostra
interiorità. Per utilizzare la giusta quantità d'energia, dobbiamo adottare una
opportuna respirazione.
Esiste uno stretto rapporto tra il
movimento e la respirazione. Proprio come nel pranayama dello yoga, dobbiamo
trovare il ritmo giusto tra inspirazioni ed espirazioni, un ritmo che non può
essere definito a priori, ma che deve essere sperimentato personalmente. Si
tratta di quel ritmo, né troppo veloce né troppo lento, che ci consenta di
procedere o di arrivare a una meta senza esaurirci prima. Se impareremo questo
ritmo, potremo applicarlo anche alla vita di tutti i giorni. Perché anche nella
vita dobbiamo trovare il giusto impiego della nostra energia.
Concentrarsi sulla respirazione significa
uscire dal mondo delle proiezioni mentali per essere del tutto presenti. Non
dobbiamo muoverci meccanicamente, non dobbiamo farci riprendere dalle
chiacchiere mentali. Dobbiamo essere concentrati sull’ambiente, attenti, vuoti
e liberi; dobbiamo essere consapevoli dei nostri movimenti. In un certo senso
le gambe, le braccia, i piedi devono essere un tutt'uno con noi stessi. Se lo
faremo in un ambiente naturale, senza traffico, senza inquinamento, senza
rumore, sarà uno splendido esercizio di presenza mentale, che ci potrà servire
da base nella meditazione più avanzata.
Ritrovare la connessione con la
respirazione significa ritrovare il rapporto con la nostra energia, che in
realtà è il nostro corpo interiore. E al centro di questo corpo energetico si
trova il sé. Con un semplice esercizio come questo possiamo quindi entrare in
contatto con il nostro sé fisico per portarlo più vicino al nostro sé interiore
- la nostra anima. E chissà che non sia questo il vero scopo, l'intento
inconscio, di chi si muove. Impariamo dunque a muoverci per imparare a meditare
e muoviamoci con un intento meditativo.
Meditare non è
stare fermi, ma fermare la mente con i suoi soliti vagabondaggi.
"Vorrei, nei miei vagabondaggi, far
ritorno a me stesso" scriveva Thoreau.
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