lunedì 28 gennaio 2019

Movimento e meditazione


Osserviamo come la gente cammina per strada. Quasi tutti sembrano immersi in fantasie e pensieri: non si guardano intorno, magari telefonano e soprattutto sono divisi dall'ambiente che li circonda. La loro mente è occupata come sempre a elaborare riflessioni, ricordi, speranze, rimuginazioni, dialoghi immaginari, problemi ed ansie. Può succedere in ogni momento, anche quando siamo a casa, lavoriamo o guardiamo la televisione. Il corpo è lì, ma la mente è lontana mille miglia. In quei momenti siamo assenti, siamo distratti, siamo alienati - non siamo presenti. Può passarci davanti un amico e noi non lo vediamo.
       Per meditare bisogna rendersi conto innanzitutto di questo continuo chiacchiericcio interiore e interrompere le rimuginazioni, le fantasie, le immaginazioni e i pensieri; bisogna ritrovare il contatto con la realtà, con il presente, con il qui e ora. In termini tecnici si dice "recuperare la presenza mentale". Io sono qui in questo momento, io sto camminando, io osservo senza barriere mentali la realtà che mi circonda, gli altri e me stesso. Questa è una prima forma di presenza mentale, il tentativo di uscire dal mondo delle fantasie per recuperare la realtà, l' "essere", il semplice essere. Come fare?
       Un modo semplice è quello di svolgere una qualche attività fisica che ci rimetta in comunicazione con la natura e con il centro di noi stessi. Si può camminare, correre, nuotare, andare in bicicletta, fare ginnastica, yoga, ecc. Per esempio camminare o andare in bicicletta sono attività vicine alla natura, e dunque ecologiche. Pedalare significa innanzitutto trovare un atteggiamento mentale adatto alla situazione. Non ci si può distrarre perché non possiamo dimenticarci di essere in mezzo al traffico e di essere in bilico su due ruote. Come sempre nella vita, corriamo sul filo del rasoio e rischiamo di cadere se ci sporgiamo troppo da un lato o dall'altro. Dunque dobbiamo trovare un nostro equilibrio. Ma trovare l'equilibrio significa trovare il centro di noi stessi.
       Per andare in bicicletta in modo meditativo non conviene né correre troppo né andare troppo piano. Se correremo troppo, non andremo lontano e rischieremo di cadere; se andremo troppo piano, perderemo l'equilibrio e ci fermeremo. Dobbiamo dunque trovare una giusta via di mezzo che ci permetta di procedere a lungo senza stancarci e senza bloccarci. Dapprima, per uscire dai labirinti della mente, ci conviene dedicarci alla contemplazione di ciò che ci sta intorno. Ma poi possiamo passare alla vera e propria meditazione, spostandoci dall'esterno alla nostra interiorità. Per utilizzare la giusta quantità d'energia, dobbiamo adottare una opportuna respirazione.
       Esiste uno stretto rapporto tra il movimento e la respirazione. Proprio come nel pranayama dello yoga, dobbiamo trovare il ritmo giusto tra inspirazioni ed espirazioni, un ritmo che non può essere definito a priori, ma che deve essere sperimentato personalmente. Si tratta di quel ritmo, né troppo veloce né troppo lento, che ci consenta di procedere o di arrivare a una meta senza esaurirci prima. Se impareremo questo ritmo, potremo applicarlo anche alla vita di tutti i giorni. Perché anche nella vita dobbiamo trovare il giusto impiego della nostra energia.
       Concentrarsi sulla respirazione significa uscire dal mondo delle proiezioni mentali per essere del tutto presenti. Non dobbiamo muoverci meccanicamente, non dobbiamo farci riprendere dalle chiacchiere mentali. Dobbiamo essere concentrati sull’ambiente, attenti, vuoti e liberi; dobbiamo essere consapevoli dei nostri movimenti. In un certo senso le gambe, le braccia, i piedi devono essere un tutt'uno con noi stessi. Se lo faremo in un ambiente naturale, senza traffico, senza inquinamento, senza rumore, sarà uno splendido esercizio di presenza mentale, che ci potrà servire da base nella meditazione più avanzata.
       Ritrovare la connessione con la respirazione significa ritrovare il rapporto con la nostra energia, che in realtà è il nostro corpo interiore. E al centro di questo corpo energetico si trova il sé. Con un semplice esercizio come questo possiamo quindi entrare in contatto con il nostro sé fisico per portarlo più vicino al nostro sé interiore - la nostra anima. E chissà che non sia questo il vero scopo, l'intento inconscio, di chi si muove. Impariamo dunque a muoverci per imparare a meditare e muoviamoci con un intento meditativo.
Meditare non è stare fermi, ma fermare la mente con i suoi soliti vagabondaggi.
       "Vorrei, nei miei vagabondaggi, far ritorno a me stesso" scriveva Thoreau.

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