In inglese esiste un’espressione “wishful
thinking” che ci dimostra come noi crediamo a ciò che desideriamo, fino al
punto di ritenerlo reale. Per esempio, se abbiamo bisogno di piogge, ecco che
arrivano puntualmente previsioni meteorologiche che ci assicurano che presto
pioverà. Anche se spesso sono una delusione.
Si tratta di un meccanismo psicologico che
ha una grande applicazione in campo religioso. Se desideriamo un Dio che ci
assicuri pace, giustizia e sopravvivenza, ecco che ci mettiamo a farne statue e
a credere che esista davvero. Non a caso, in tempi di siccità, si fanno
processioni invocando la pioggia alla Madonna o a qualche altro santo. In certe
popolazioni si fanno le “danze della pioggia”. Qui il desiderio si sforza di
influenzare la realtà attraverso l’intervento della divinità.
Le nostre fedi sono l’espressione di simili
credenze indotte dai desideri. Vorremmo che fosse vero ciò che bramiamo di più.
Purtroppo la realtà è spietata: ha una sua
resistenza che si oppone ad ogni nostro tentativo di rendere vero ciò che
desideriamo.
Per noi uomini, esseri desideranti, è
difficile pensare in modo obiettivo, al di là dei nostri interessi, delle nostre
convenienze. Vorremmo che le cose andassero così come le preferiamo.
Con la meditazione diventiamo consapevoli
di questi processi e cerchiamo di uscire dal gioco ristretto delle speranze e
delle paure. In tal senso, ci distacchiamo e ci universalizziamo.
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