Il
problema è che nessuno di noi riesce a guardare le cose oggettivamente.
Giudichiamo tutto in base ai nostri interessi, sia individualmente sia
collettivamente. Ci sembra che una cosa sia bella, giusta o etica solo secondo
il nostro punto di vista, solo se ci piace o ci è utile. Ci manca il distacco
per vedere le cose a prescindere dalla nostra prospettiva personale.
Quando
perciò la mia visione si scontra con la visione di un altro, sorgono il
conflitto o la competizione. Vogliamo aver
ragione. Ma spesso la ragione prevalente è quella del più forte, non del
più saggio. Anche nel campo dei semplici significati.
Ora,
la meditazione è un tentativo di guardare le cose obiettivamente, di mollare la
presa del giudizio individuale. Cerchiamo di uscire dal mondo del soggettivo.
In tal senso, è una de-soggettivazione.
Rimango
lì fermo con il corpo e, soprattutto, con la mente giudicante, con la mente che
vuole attribuire valori soggettivi. Mollo la presa sui pensieri egocentrici.
Questo
non significa che si possa o si debba non pensare o trovare un valore
oggettivo, ma ci rendiamo conto che valutiamo tutto con metri di giudizio
personali e che possiamo vedere le cose in una prospettiva più ampia. Sappiamo
di essere soggettivi e ci ritiriamo per un po’ dalla stolta competizione tra
esseri umani su chi ha ragione.
Chi
medita ha questo senso della relatività dei giudizi e dei valori ed è certo
meno aggressivo degli individui dominati da una cieca soggettività.
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