La
scienza attuale ha scoperto che non esistono tanto cose quanto relazioni. E questo è evidente, dato che
gli enti non esistono da soli, ma soltanto in relazione agli altri.
Non
ci sono quindi oggetti solidi e inamovibili. Tutto è interdipendente.
Questo
lo aveva già scoperto l’Oriente più di duemilacinquecento anni fa. (Vedi
buddhismo e taoismo.)
L’intera
esistenza ha dunque un carattere temporaneo, impermanente e relativo. Da un
punto di vista assoluto, le cose non esistono in sé proprio perché hanno una
genesi relazionale.
L’
“in sé” non esiste, è vuoto.
Inutilmente
cerchiamo l’essenza degli enti: non c’è.
Su
uno sfondo di vacuità, si presentano enti, eventi, processi e relazioni che
durano quel che durano e poi scompaiono. Le relazioni durano un po’, ma poi si
modificano e svaniscono.
L’instabilità
e il cambiamento sono le leggi di questo universo. Anche le più alte montagne,
le più brillanti stelle o i più grandi pianeti si modificano continuamente e
alla fine saranno ridotti in polvere. E, se svaniscono loro, figuriamoci noi, i
nostri fragili corpi e i nostri fragilissimi io.
Noi
ci attacchiamo alle cose, alle persone e a noi stessi perché sappiamo che
presto spariranno.
Solo
il saggio sa scegliere un equilibrato distacco - da tutto, anche dal proprio
io. E impara a mollare la presa e l la visione egoiche e a non essere come quei
personaggi – veri e propri buffoni – che vanno in giro a dire: “Io…io…io…”.
A
questo ci porta il processo della meditazione, che nega tanto l’attaccamento
quanto il nichilismo. Perché, se è certo che viviamo per poco, è anche certo
che in questo momento siamo vivi e ci dobbiamo dare da fare in un mondo di apparenze
e di illusioni.
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